"E' il momento di avere coraggio".
Demetrio Albertini ha quell'esperienza che lo spinge a guardare
con distacco, per quanto sia possibile per chi ha dedicato tutta
la propria vita professionale al calcio, la crisi in cui è
sprofondata l'Italia. "E' il momento di non avere la paura di
non andare ai Mondiali. Oggettivamente, pur trovando tutte le
criticità del caso, l'Italia ha tutti i mezzi per andarci",
spiega all'ANSA l'ex campione di Milan, Atletico Madrid, Lazio e
Barcellona che ha poi ricoperto anche ruoli apicali in Figc. La
notizia dell'esonero di Luciano Spalletti arriva proprio mentre
è al telefono: "Non ho notizie e rischierei di essere
superficiale - risponde alla richiesta di un commento a freddo -
Posso solo dire che oggettivamente l'ho visto emozionato e
provato"
"Abbiamo sempre avuto difficoltà in questi periodi dell'anno,
così come a settembre", sottolinea per poi ritornare sul tema
per lui più importante: "Le sconfitte vanno e vengono. Non è la
situazione per cui deprimersi. Spero che i giocatori non si
facciano sovrastare dalla paura di non raggiungere l'obiettivo.
Certo, la paura serpeggia soprattutto dopo due volte che
l'Italia è rimasta fuori dai Mondiali. E' assurdo che uno come
Donnarumma sia fuori. In questi momento il gruppo vale più del
singolo. Oggi ci vuole solo coraggio".
Albertini ha attraversato una prova simile. Il 5 giugno del
1991 l'under 21 di cui lui era uno dei pilastri subì un
pesantissimo 6-0 proprio dalla Norvegia. "E' stata la peggiore
sconfitta da gestire nella mia carriera - ricorda - ma era tutto
diverso. In primis era l'Under 21. E poi va ricordato che la
Serie A in quegli anni portava tutte le squadre di club nelle
finali internazionali. Va detto soprattutto che noi giocatori
eravamo in via di formazione all'interno di un percorso che ci
avrebbe portato negli anni successivi ai massimi livelli". Ed è
questo il punto più importante, secondo Albertini. "Manca il
calcio - aggiunge - Il core business del calcio deve essere il
calcio così come per le case automobilistiche il core business
sono le automobili. Nel 1991 era stato disegnato un percorso di
crescita di quei giocatori verso i massimi livelli, chi più chi
meno ci siamo riusciti tutti. Alcuni giocavano in Serie B ma
quell'esperienza era propedeutica per arrivare in Serie A. Sto
parlando di un movimento, non solo di Nazionale".
"In questo momento non è che non abbiamo buoni giocatori ma
ne abbiamo pochi. Se si fanno male due giocatori, non è facile
sostituirli mentre le altre nazionali non sono in queste
condizioni. Hanno giocatori di talento ma ci sono giovani che
hanno fatto un percorso di costruzione di maturità - prosegue -
Per questo noi dobbiamo costruire un percorso diverso. La
nazionale è la sintesi di quello che è il movimento, non è una
squadra a sé stante".
"Il valore di una società non è solo il bilancio ma creare
valore sportivo, creare dei giocatori. Oggi per tanti non è più
la cosa primaria. Noi siamo in ritardo sugli stadi, sul
marketing, sui bilanci. Si deve partire dal progetto sportivo.
Nel 2010 parlai delle seconde squadre: ora si inizia a vedere un
lento movimento delle seconde squadre. Ci abbiamo impiegato 15
anni! I calciatori sono poesia, i dirigenti sono prosa. Senza la
poesia non esiste prosa".
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