Le diverse sentenze della Corte
Europea dei diritti dell'uomo, che impongono allo Stato italiano
di farsi carico anche del debito di Comuni falliti e in
dissesto, accelerano i pagamenti in sospeso al comparto del
factoring che vede così diminuire i suoi rischi e chiede quindi
norme della vigilanza meno stringenti.
E' quanto sottolinea Assifact, l'associazione italiana per il
factoring, che rileva come nel 2025 il fenomeno ha conosciuto
un'accelerazione con numerose sentenze che hanno condannato lo
Stato italiano a garantire il pagamento dei crediti vantati da
imprese e intermediari, anche quando il debitore originario è un
ente locale fallito o in dissesto.
"Se per i dissesti degli enti locali paga lo Stato - spiega
l'associazione - il rischio effettivo sulle esposizioni di
factoring verso la PA è, in realtà, ancora più contenuto
rispetto al rischio connesso alle cessioni di crediti
commerciali vantati verso imprese che già esprimono, dati alla
mano, un livello di rischio inferiore del rischio tipico delle
esposizioni finanziarie tradizionali". Anche per questo, la
regolamentazione prudenziale deve riflettere questa differenza.
La serie di sentenze della corte Cedu che Assifact elenca
(come quelli verso il Comune di Catania o di Montecorvino
Pugliano) sta ristabilendo diritto ed equità quando le regole
interne — dissesto, moratorie, gerarchie di pagamento — bloccano
l'esecuzione di titoli certi, liquidi ed esigibili. "Ed anche la
politica ha iniziato a muoversi con il decreto mirato e il fondo
dedicato".
Per far fronte agli obblighi derivanti dalle pronunce,
l'Esecutivo ha varato il DL 156/2025, che consente al ministero
dell'Interno di erogare contributi fino a 40 milioni a favore
dei comuni capoluogo di città metropolitana condannati per
inadempimenti di pagamento in sede Cedu; è la leva che, insieme
all'azione giudiziaria, ha consentito lo sblocco nel caso
Catania-Banca Sistema. Parallelamente, la manovra introduce un
"fondo sentenze" da 2 miliardi per fronteggiare gli impatti
finanziari di decisioni nazionali ed europee, con prospettiva di
strutturalità oltre il 2026.
Si tratta, secondo Assifact, di due mosse utili, ma non
sufficienti. In Italia i comuni in dissesto sono 105 e non tutti
rientrano nel cono di luce del decreto; numerosi enti e società
partecipate (ex gestioni dei rifiuti, consorzi idrici e di
bonifica) non sono coperti, pur essendo potenziali destinatari
del principio Cedu secondo cui la responsabilità ultima ricade
sullo Stato. Sarebbe pertanto opportuno valutare un ampliamento
del raggio d'azione del Decreto legge.
Per il factoring — ma soprattutto per le Pmi che
smobilizzano crediti e per i fornitori della Pa — è il momento
di completare il quadro con una regolamentazione proporzionata e
una definizione di default aderente alla realtà dei crediti
commerciali. Non è una battaglia di settore ma una leva per la
competitività e la resilienza del sistema produttivo italiano.
Con una regolamentazione più coerente con il rischio e
semplificata, si liberano risorse che le imprese possono
utilizzare per investimenti e occupazione.
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