Andretti: "La Ferrari ritornerà, ma ho perso la fiducia in Vasseur"

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La leggenda dei motori racconta la sua carriera al Festival dello Sport, poi strizza l'occhio a Leclerc: "Tifo molto per lui, se davvero un giorno volesse cambiare squadra io alla Cadillac lo prenderei subito"

dal nostro inviato Mario Salvini

11 ottobre - 22:42 - TRENTO

Se c'è un uomo della nostra epoca a cui si attaglia la definizione di "Eroe dei due Mondi", quell'uomo è Mario Andretti. Di solito, quelli che hanno una vita così sono sempre stranieri, avvertiti come immigranti nel Paese dove sono andati a vivere, e come stranieri da quello da cui sono emigrati. Per lui è sempre stato l'opposto. Tutti l'hanno sempre rivendicato, Mario. Americano per gli americani, italiano per noi. Nato a Montona, in Istria, oggi Croazia. La prima cosa che ha detto, sull'argomento, a Daniele Dallera, il responsabile dei servizi sportivi del Corriere della Sera che ha condotto l'incontro, è stata: "Il passaporto non cambia il sangue".

la storia di mario andretti

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Dall'inizio, allora. "Io e il mio gemello Aldo ci siamo innamorati subito della Formula 1 e di Alberto Ascari. E non so perché, la mia famiglia non aveva nemmeno una macchina". Nel 1954, i due ragazzi avevano 14 anni, furono portati a Monza. E fu la scintilla. La famiglia di amici, proprietari di un'autorimessa a Lucca, dove la famiglia Andretti era sfollata, in un campo profughi, dall'Istria, permetteva ai ragazzini Mario e Aldo di parcheggiare le auto. "Tante Alfa Romeo...". "Ma l'unica possibilità per il nostro futuro era in America. Da dove uno zio di mia madre ci ha invitati, a Nazareth, in Pennsylvania. Prima di imbarcarci sulla nave Conte Biancamano mio padre disse: "staremo magari cinque anni...". Io vivo ancora a Nazareth. In America abbiamo subito cercato di inserirci nel mondo delle corse. Nostro padre vedeva solo gli aspetti negativi, gli incidenti, i morti. La nostra fortuna era la lingua: lui di inglese non capiva un cavolo. E noi riuscivamo sempre a fare quello che volevamo". 

la carriera di mario andretti

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Dallera, dandogli del lei, lo ha introdotto: 897 gare, 111 vittorie, 109 pole. Con la gentilezza, la soavità data da aura e età, lui ha raccontato. Del 1978, e del titolo Mondiale della F1: "Il mio sogno che si è avverato". Dell'amore, mai sopito, per la Ferrari. "Perché è sempre stato così, fin dall'inizio. Perché Enzo Ferrari dopo la morte di Bandini aveva giurato che non avrebbe mai più avuto un pilota italiano, e con me ha trovato una buona soluzione". Con anche un bell'aneddoto. "Quando c'era da sostituire Pironi infortunato, nel 1982, mi ha cercato. Io glielo detto: "Manco dalla F1 da più di un anno... Poi ho preso l'aereo, sono arrivato, ho pranzato con Enzo al Cavallino. Sono andato in macchina, e ho fatto 87 giri a Fiorano. Con il record della pista che è durato 8 anni". 

mario andretti e la ferrari

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Quindi, ancora sulla rossa, per rassicurare se stesso, rivale eppure tifoso ("è facile la mia Cadillac avrà motore Ferrari..."), e tutti o quasi quelli in platea alla Filarmonica di Trento: "Verstappen è fortissimo. Piastri mi piace per la grinta, ma mi pare che in McLaren per qualche ragione, non so perché, favoriscano Lando Norris. Io tifo molto per Leclerc, se davvero un giorno volesse cambiare squadra io alla Cadillac lo prenderei subito. La Ferrari è la Ferrari, e prima o poi ritorna. Sempre". Anche se a domanda precisa ("Ha un po' perso la fiducia in Vasseur?") ha risposto secco: "Sì". La verità, ha detto, è che "io non lo so perché, ma sono nato per le corse. Niente altro mi interessa". E quindi è stato il momento di introdurre il tema d'attualità: la Cadillac che debutterà in F1 il prossimo anno e di cui lui sarà padre nobile, oltre fornitore del know-how, attraverso il suo capillare, ed espertissimo, team. "Il merito è di mio figlio Michael, perché a dire il vero non ho mai avuto nemmeno grande interesse per gestire team. Proprio per la ragione che dicevo prima: a me interessava solo guidare". E allora Dallera gli ha chiesto, "ma anche adesso, sarebbe tentato di guidare?". E Mario: "Sempre, sempre, sempre". Una meraviglia. Con una sola, altra domanda. Dallera: "Chi è il pilota di oggi che più si avvicina a Mario Andretti?". E lui: "Nessuno". Un gigante.

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