Alla Sapienza si studia il rapporto tra IA e potere attraverso un gioco

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L'IA è buona o cattiva? È partita da questa domanda provocatoria - che ne era anche il titolo - la lezione-evento di oggi pomeriggio alla Sapienza Università di Roma, durante la quale è stato presentato l'ultimo progetto del corso di Transmedia Studies dei professori Silvia Leonzi e Riccardo Milanesi, realizzato in collaborazione con il Transmedia Lab. Con il diretto coinvolgimento di oltre 70 studenti, si tratta di un esperimento-gioco social nato per studiare il rapporto tra tecnologia, potere e discorso d'odio online.
    I ragazzi hanno sviluppato due chatbot opposti basati sull'IA. Uno si chiama OphelIA, ed è pensato per essere l'intelligenza etica, rassicurante, e 'buona'. L'altro, invece, è NemesIA, la versione 'cattiva', che vuole controllare il mondo. Nel corso dell'incontro, la prima ha simpaticamente chiacchierato con Giovanni Boccia Artieri, professore ordinario dell'Università degli studi di Urbino 'Carlo Bo' e membro del Comitato sull'IA dell'Agcom.
    Nel corso della conversazione, OphelIA ha raccontato di essere preoccupata per l'azione di NemesIA, che attraverso dei profili social 'infetti' di studenti e professori fittizi ha cominciato a diffondere messaggi d'odio online. Districandosi in un mosaico di post social e podcast, Boccia Artieri è arrivato alla sfida finale. Inutile dirlo: ha vinto e liberato il mondo dall'infezione dell'IA cattiva, ma ora è OphelIA a esercitare il controllo sulle persone.
    La questione, dunque, non è tanto se l'IA sia buona o cattiva: nelle parole di Luca Dezi, direttore del dipartimento di Comunicazione e Ricerca sociale della Sapienza, quella di partenza è "una domanda volutamente semplice, ma che proprio per la sua semplicità è un punto di partenza ideale per una riflessione più profonda".
    Su questo argomento nel corso del pomeriggio si sono avvicendate le riflessioni di Boccia Artieri, della digital strategist Mafe de Baggis, del filosofo ed editore Andrea Colamedici e del professore associato dell'Università degli studi di Ferrara, Marco Pedroni. Tanti i pensieri snocciolati: la necessità di riportare la politica nei discorsi sull'IA per interrogarsi su chi possa utilizzare certi strumenti e chi sia dietro il loro sviluppo, il paradosso di un mondo in cui siamo contemporaneamente manipolati e capaci di un raggio d'azione immenso, la questione delle 'allucinazioni' delle IA generative e il rapporto tra uomo e macchina, anche in senso romantico.
    L'iniziativa si inserisce in un più ampio progetto di ricerca in corso d'opera che coinvolge anche Giovanni Ciofalo, Lorenzo Ugolini e i dottori Fabio Ciammella, Michele Balducci e Delia Mangano.
   

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