I ricercatori sono riusciti a monitorare in laboratorio l'evoluzione del tumore nel corso di sei mesi e un anno
Daniele Particelli
18 settembre - 11:40 - MILANO
Capire quanto un tumore sia aggressivo e quanto sia capace di resistere alle terapie è fondamentale per definire strategie terapeutiche sempre più mirate. Negli ultimi passi la ricerca ha permesso di fare dei passi da gigante nel trattamento di tantissimi tumori e ora un nuovo tassello arriva da un gruppo di ricercatori italiani, secondo i quali la velocità con cui il DNA del tumore muta nel tempo, in particolare durante la fase metastatica, dovrebbe essere considerata un nuovo parametro per misurare l'aggressività del tumore.
Aggressività dei tumori: il nuovo parametro per valutarla
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A firmare il nuovo studio sono stati i ricercatori dell'Istituto di Candiolo-Ircss, uno dei centri oncologici più prestigiosi in Italia, in collaborazione con l’Università di Torino e numerosi centri di ricerca nazionali e internazionali.
Utilizzando degli organoidi di tumori del colon, repliche tridimensionali in miniatura create a partire da campioni di pazienti, i ricercatori, coordinati da Andrea Bertotti e Livio Trusolino, sono riusciti a monitorare in laboratorio l'evoluzione del tumore nel corso di sei mesi e un anno, confrontando le mutazioni presenti inizialmente con quelle accumulate nel tempo.
Questo ha permesso al team di ricerca di calcolare il tasso mutazionale del tumore, la frequenza con cui si accumulano nuove mutazioni a ogni duplicazione cellulare. Dati alla mano, i ricercatori hanno scoperto che i tumori più avanzati, come le metastasi, presentano un tasso mutazionale significativamente più alto rispetto alle lesioni iniziali.
"Abbiamo scoperto che non solo le mutazioni si accumulano con velocità estremamente variabili nei tumori di pazienti diversi, ma si generano con maggiore intensità nelle lesioni più avanzate, tipicamente le metastasi", ha spiegato Trusolino, responsabile del Laboratorio di Oncologia Traslazionale e ordinario di Istologia presso il dipartimento di Oncologia dell'Università di Torino.
I prossimi e importanti approfondimenti
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La ricerca, supportata dal 5x1000 dell’AIRC e dalla Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro, ha coinvolto anche l’Institute of Cancer Research di Londra e diversi istituti italiani, tra cui IFOM, Human Technopole, Ospedale Niguarda, Istituto Nazionale Tumori e IEO. Il passo successivo, spiegano i ricercatori coinvolti, sarà quello di analizzare quanto questa impronta molecolare sia diffusa e se possa aiutare a 'datare' l’inizio del tumore, così da distinguere quelli che si sono sviluppati lentamente da quelli esplosi rapidamente in tempi recenti, in pazienti della stessa età.
"L’obiettivo è comprendere meglio quali caratteristiche rendono un tumore più aggressivo e tarare di conseguenza i trattamenti, focalizzando lo sviluppo di nuove terapie su chi ne ha più bisogno", ha sottolineato Andrea Bertotti dell'Università di Torino.