(di Laura Masiello)
Esattamente 50 anni fa, la Napoli
calcistica balzava agli onori della cronaca non per i successi
sportivi - che sarebbero arrivati almeno un decennio dopo - ma
per quel 'colpo' di mercato, l'arrivo dell'attaccante del
Bologna Beppe Savoldi per l'astronomica cifra, per allora, di
due miliardi di lire. L'acquisto, trattato in prima persona dal
presidente azzurro Corrado Ferlaino (che dieci anni dopo
concluse l'affare Maradona) arrivò nell'ultima giornata di
mercato, il 10 luglio 1975, e se da un lato ringalluzzì la
tifoseria partenopea (reduce dal secondo posto in campionato
sotto la guida del brasiliano Luis Vinicio), dall'altro scomodò
gli opinionisti, la politica e i sociologi di mezza Italia, che
criticarono ferocemente l'operazione calcistica in una città
martoriata, dove, proprio in quei giorni si consumava una delle
tante emergenze, a cominciare da quella nei netturbini.
L'Italia gridò allo scandalo. Moralisti, scrittori e affini
si diedero da fare per condannare quell'operazione , definita un
lusso per una città che combatteva contro tanti problemi
sociali. Come se fosse stato compito del Calcio Napoli costruire
scuole, ospedali o combattere la disoccupazione.
In quel momento storico Napoli attraversava una delle
stagioni più dure della sua storia. Disoccupazione record,
proteste studentesche e conflitti sociali erano all'ordine del
giorno in una città che lentamente provava a rialzarsi dopo
l'epidemia di colera di due anni prima.
Si scomodarono direttori di giornali, prime firme, esponenti
politici per gridare allo scandalo, come mai, in una città così
malmessa, si potessero spendere due miliardi di lire per un
giocatore di calcio? Fino a qualche settimana prima, Savoldi era
un obiettivo di mercato pure del Milan e della Juventus, ma per
quelle trattative nessuno si indignò. Napoli stava cambiando
volto: vinte le elezioni, la città sarà amministrata dalla prima
giunta comunale di sinistra presieduta da Maurizio Valenzi.
Ferlaino chiuse il colpo l'ultimo giorno di mercato. Due
miliardi per un calciatore non li aveva mai spesi nessuno, e li
spendeva il Napoli. In realtà si trattava di un miliardo e 400
milioni più Clerici e la comproprietà di Rampanti. Ma dire due
miliardi faceva più colpo nella città che aveva i netturbini in
sciopero da quattro giorni, gli alberghi chiusi per mancanza di
turisti, un'epidemia di colera ancora fresca alle spalle.
L'affare 'due miliardi' finì sulla prima pagina del Corriere
della Sera con tanto di riferimenti al difficile momento della
città in quei giorni e la foto dei rifiuti in piazza Municipio,
dalle colonne della Gazzetta dello sport si scrisse di "un atto
diseducativo" soprattutto a Napoli, "la nostra metropoli più
povera e malata". Unica voce fuori dal coro, a favore di
Ferlaino, fu quella di Enzo Biagi:" Ferlaino non è un
dissipatore né un Pulcinella - scrisse -. È un manager lucido.
Non tocca a lui risolvere i problemi sociali della città, il suo
compito è costruire la squadra migliore possibile. Non ha offeso
la miseria, al contrario: l'ha consolata". Mezza Italia,
soprattutto quella del Nord, inorridiva di fronte
all'operazione. Eppure, calcisticamente parlando, il Napoli non
era nuovo a colpi del genere. Nel 1952, infatti, aveva
acquistato dall'Atalanta Hasse Jeppson per l'esorbitante cifra
di 105 milioni (e perciò da allora in poi fu soprannominato dai
tifosi azzurri 'O banco 'e Napule). Poi, nel 1984, arriverà
addirittura l'acquisto di Diego Maradona dal Barcellona per 13
miliardi che aprirà la strada verso i successi.
Savoldi fu accolto dall'entusiasmo dei tifosi che
sottoscrissero 75mila abbonamenti, pari a 3 miliardi di incasso,
ripagando lo sforzo economico dell'ingnegner Ferlaino.
L'attaccante di Gorlago giocò per il Napoli dal 1975 al 1979,
segnando 77 gol in 165 presenze, il tanto agognato scudetto non
arrivò, solo una Coppa Italia, una Coppa Italo-Inglese e una
semifinale di Coppa delle Coppe contro l'Anderlecht, ma il
legame con 'mister due miliardi' è rimasto nel tempo, così come
il soprannome.
Storie di un calciomercato che non c'è più. Oggi si tratta
prima, durante e dopo le finestre tradizionali e le cifre che
girano sono da capogiro, altro che i due miliardi di Savoldi.
L'avvento delle grandi proprietà, delle multinazionali del
calcio ha fatto lievitare ingaggi e cartellini ma soprattutto ha
fatto perdere il fascino delle trattative che duravano il tempo
delle vacanze dei calciatori e si concludevano, tassativamente,
prima dell'inizio dei ritiri precampionato.
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