Volandri: "Sinner e Musetti sono il presente. Ma l'Italia è di più"

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Il ct azzurro: "Non ci basta avere giocatori in top 10. Cinà, Vasamì e Basile tra i talenti da far crescere"

Dal nostro inviato Riccardo Crivelli

3 giugno - 07:28 - PARIGI

Da un campo all’altro, allenamenti e partite, campioni e promesse. Con il tennis italiano ormai punto di riferimento nel mondo, il lavoro di c.t. azzurro è probabilmente il più invidiato dagli addetti ai lavori: ma Filippo Volandri non è abituato a crogiolarsi tra i dolci guanciali del ranking o i favolosi risultati degli ultimi sei anni. E così, fin da mezzogiorno, esplora in lungo e in largo il Roland Garros per seguire i suoi ragazzi, grandi o piccoli che siano. Perché il lavoro di costruzione e crescita non finisce mai. 

Filippo, si immaginava che Sinner potesse già essere così sul pezzo dopo la pausa forzata della squalifica? 

"Sinceramente, a Roma ha compiuto qualcosa di incredibile e se devo essere sincero, quando è rientrato non credevo potesse già essere a quel livello. Invece qui a Parigi, con la settimana di allenamenti che ha preceduto il torneo e poi le partite, ha ovviamente potuto mettere a frutto la continuità del lavoro e dunque sta tornando rapidamente ai suoi standard. D’altronde i campioni vanno a velocità doppia o tripla rispetto a noi comuni mortali". 

La sorprenderebbe vedere a Parigi una finale diversa rispetto a quella tra lui e Alcaraz? 

"Non c’è dubbio che in questo momento Jannik e Carlos abbiano scavato una bella differenza rispetto agli altri, soprattutto se pensiamo che il numero 3 del mondo è Zverev e ricordiamo la sua faccia dopo la sconfitta in finale in Australia contro Sinner. E d’altronde stiamo parlando di due fenomeni, ragazzi che possono riscrivere la storia del tennis. Eppure credo che non sia folle pensare che Musetti, se dovesse arrivare in semifinale con Alcaraz, potrebbe davvero giocarsela alla pari e puntare al colpo grosso". 

Cosa l’ha sorpresa di più nella crescita di Lorenzo?

"Come ho sempre detto, ognuno ha i suoi tempi di maturazione. Lorenzo ha trovato equilibrio tra tutte le componenti dentro e fuori dal campo, e con i risultati sono cresciute consapevolezza e autostima. Il talento lo ha sempre avuto, ora lo accompagna anche con la gestione delle emozioni e la capacità di affrontare lucidamente i momenti di difficoltà. Prendete la partita di terzo turno con Navone: Musetti era nervoso, ha perso il primo set, c’erano condizioni ambientali diverse rispetto ai primi due match e l’avversario stava dandogli fastidio tecnicamente. Eppure ha sempre avuto un’attitudine positiva, vincente, che poi gli è servita per battere un rivale tosto come Rune agli ottavi". 

I due Simone, Vagnozzi e Tartarini, i coach di Sinner e di Musetti, quando devono indicare la principale qualità dei loro allievi si soffermano spesso sulla disponibilità ai cambiamenti. 

"Che è la dote dei campionissimi. Magari Musetti c’è arrivato più gradualmente, mi ricordo che fin da junior era disposto a modificare dettagli tecnici anche due giorni prima di una partita; per Jannik invece l’equilibrio è maturato con tempi più compressi. Partendo però da un ragionamento che racconta molto della sua personalità: ha rivoluzionato il team quando era n.10 del mondo con l’obiettivo di diventare il più forte di tutti, accettando all’inizio di perdere qualche posizione in classifica. È quello che è successo e che lo ha portato dove è ora". 

Non solo i big: con Cinà, Vasamì e Basile, potenzialmente abbiamo dei ricambi di grande qualità. 

"Significa che non ci accontentiamo, che non ci culliamo sugli allori di due giocatori in top ten o 9 nei primi 100. Continuiamo a lavorare per individuare i talenti e metterli nelle condizioni migliori per potere crescere. Certamente la loro generazione, grazie ai Berrettini, ai Sinner e ai Musetti, non avvertirà la pressione dei risultati ad ogni costo, come accadeva fino a dieci anni fa quando aspettavamo un grande campione come il messia, ma più che altro continua a rappresentare il frutto della più grande intuizione che la Fitp abbia avuto negli ultimi vent’anni: favorire la sinergia e la collaborazione tra i tecnici privati e gli allenatori federali". 

Tutto il mondo adesso invidia l’organizzazione italiana: ma qual è il vero segreto del rinascimento azzurro? 

"È una concomitanza di tanti fattori, da quello che ho citato prima alla struttura concentrica a livello territoriale che permette di monitorare i ragazzi più promettenti in tutte le province fino ai programmi per portare il tennis nelle scuole. Ma la svolta è stata non pensare più a un io e a un voi, ma che esiste un noi che può portare a risultati molto più proficui". 

Tornando al torneo: lei che è stato suo avversario, come vede Djokovic? 

"Non bisogna mai fidarsi di Nole. Sinner e Alcaraz adesso sono di un altro livello, ma poi guardi il tabellone e lui lo trovi sempre nelle zone calde".

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