Vicky Piria: "Adrenalina, tv e cavalli. Vi racconto la mia seconda vita".

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Da pilota e volto Sky per la Formula 1, Vicky Piria, oggi, ha cambiato il suo modo di tenersi in forma: "Ho capito le mie priorità. E la prima è il sonno: un corpo riposato è un corpo più efficiente"

Pietro Razzini

19 ottobre - 11:51 - TRENTO

Il rombo dei motori come sottofondo di vita. L’asfalto che scorre veloce sotto le ruote, come un destino che non si può fermare. Per Vicky Piria l’automobilismo è stato amore a prima vista. Già da bambina aveva capito che il suo cuore avrebbe battuto al ritmo dei giri in pista. Da allora, ogni curva è diventata una sfida, ogni rettilineo una dichiarazione d’amore per uno sport che non fa sconti, soprattutto a una donna. Con coraggio e determinazione, Vicky ha scelto di inseguire il suo sogno, affrontando circuiti iconici e momenti durissimi, senza mai perdere la scintilla che l’ha spinta a partire. La sua è la storia di chi sa accelerare anche quando la strada si fa tortuosa, di chi trasforma la paura in adrenalina e la passione in competenza. Oggi, la sua voce e la sua esperienza risuonano anche attraverso lo schermo, su Sky Sport, portando nelle case degli italiani la stessa energia che per anni ha mostrato in pista: “Le sliding doors della mia vita? La prima è stata a 8 anni: amavo l’equitazione ma un giorno decisi di provare i go kart. Rimasi letteralmente rapita dalla velocità e dal senso di competizione che ho sentito nei giri iniziali. La seconda è arrivata a 18 anni, quando ho corso per la prima volta a Montecarlo: uno dei miei sogni più grandi. È lì che ho capito che avrei potuto costruire qualcosa di speciale in questo sport”.

“La terza a 21 anni quando ho lasciato lavoro e studi per andare in America a correre, con l’obiettivo di diventare una professionista. Dopo due sole gare lo sponsor non mi ha più sostenuta e ho dovuto riprendere l’aereo con destinazione l’Italia. È stata un’estate durissima. Dicevo a mia madre: “E ora? Io non so fare altro”. Qualche tempo dopo ho iniziato a lavorare come istruttrice di guida in pista per marchi come Alfa Romeo, Maserati e Ferrari. È stata un’esperienza decisiva perché ho capito che esisteva un altro modo per vivere le corse e la mia passione”.

L’ultimo “momento chiave” è positivo?
“Assolutamente sì: è la chiamata di Sky. Un vero salto nel vuoto. Non avevo esperienza in televisione, non ero preparata, ma ho deciso di buttarmi. Ed è stata la scelta giusta”.

Crescere in un ambiente a forte componente maschile come ha influito sulla sua personalità?

“Sono sempre stata un “maschiaccio”. Ma questo mondo mi ha aiutata a essere molto decisa su ciò che voglio e di cui ho bisogno. Lo sport contribuisce tanto a costruire questa consapevolezza. Stare in un ambiente maschile mi ha insegnato ad avere fiducia, ad affrontare i problemi cercando soluzioni concrete, ad alleggerirmi da troppi pensieri e a essere meno machiavellica”.

Come si allena fisicamente un pilota?
“Le monoposto non sono progettate per le donne ma per gli uomini. Ogni inverno svolgevo un ritiro ad hoc per allenarmi due volte al giorno: mi concentravo sullo sviluppo della forza muscolare e capacità di recupero sul giro. In particolare lavoravo su spalle, pettorali, dorso, collo e glutei. Le spalle erano la mia lacuna più grande rispetto ai maschi”.

Col tempo ha modificato questo approccio?

“Passando alle auto Gran Turismo un po’ è cambiato: la presenza del servosterzo e una minor velocità nelle curve mi hanno spinto a portare l’attenzione più sugli aspetti cardiovascolari e meno su quelli muscolari che già avevo preparato negli anni passati”.

Quanto conta la preparazione mentale, rispetto a quella fisica, nel motorsport?
“Tantissimo. Ho lavorato sulla mia mente sin da quando ero piccola. Quando mi sentivo poco carica, aumentavo i battiti per stimolare l’adrenalina. Se invece ero troppo agitata, mi chiudevo nel camion, ascoltavo musica, respiravo profondamente e abbassavo il ritmo cardiaco”.

Quali tecniche usava per “entrare nella bolla” prima di una gara?

“Mi ripetevo sempre: “Guida come sai guidare”. Spesso il rischio è quello di cadere nell’overdriving, di spingere la macchina oltre i suoi limiti, di pensare troppo rischiando di esagerare. Ma se si pensa troppo in pista, si è già in ritardo”.

Come gestiva l’“inaspettato” durante un weekend di gara?
“Ci sono tanti esercizi per migliorare la capacità reattiva: allenamenti con le luci o con le palline da tennis, per esempio. Io ho sempre avuto la sensazione di essere pronta sotto questo punto di vista”.

Nella sua quotidianità, come si mantiene in forma oggi?

“I tanti impegni, purtroppo, non mi permettono di avere una routine. Nei periodi più tranquilli cerco di ritagliarmi i miei spazi per l’allenamento. All’inizio mi forzavo ad allenarmi tanto anche quando ero stanca; oggi ho capito le mie priorità. E la prima è il sonno. Un corpo riposato è un corpo più efficiente”.

Nello specifico cosa fa?
“Ho adattato gli allenamenti alle mie esigenze attuali: lavoro molto sulla forza, corro quando posso (anche se non è la mia passione) e cerco di restare attiva con attività diverse, come andare a cavallo o camminare in montagna con il mio cane. Prendo sempre le scale invece dell’ascensore. Cerco di allenarmi almeno quattro volte a settimana per almeno mezz’ora”.

L’equitazione è una sua grande passione: cosa le regala questo sport?

“Amo fare lunghe passeggiate in campagna, con salti e galoppate: arrivo anche a 150 battiti. Sono una persona che va sempre a grande velocità: stare con i cavalli mette in mostra la mia parte più zen. In generale amo molto gli sport all’aperto”.

L’alimentazione è un aspetto cruciale per un’atleta: come l’ha gestita nel tempo?
“Come molte ragazze ho attraversato periodi di diete drastiche e senza senso. Oggi apprezzo la nostra cultura culinaria italiana e cerco di mangiare in modo vario e bilanciato. Se esagero a pranzo, la sera sto più leggera. O viceversa. Con un po’ di allenamento e un’alimentazione pulita, il mio corpo risponde bene. Sto imparando anche l’importanza di mangiare presto la sera: dormo meglio e la mia pelle ne beneficia”.

Com’è stato il passaggio dalla vita da pilota a quella di volto televisivo?

“Non ho avuto troppo tempo per pensarci: è stata una bella sfida. Non avevo mai lavorato in televisione e sono entrata in una squadra già affiatata. L’esperienza passata nel motorsport, dove spesso cambiavo meccanici e team, mi ha aiutata a integrarmi”.

Come è stata accolta?
“La squadra di Sky mi ha accolta benissimo. Parlare di motori è qualcosa che ho sempre fatto, indipendentemente dalle telecamere. Reggere un’ora e mezza di pre-gara non è semplice, ma è un lavoro entusiasmante”.

Un suo pregio è riuscire a rendere accessibili a tutti anche concetti tecnici complessi. Quanto è difficile?

“Da un lato è semplice, perché amo comunicare. Dall’altro bisogna imparare a farlo nei tempi televisivi. La sfida più grande non è tanto cosa dire, ma come dirlo. Soprattutto inizialmente davo per scontate alcune nozioni, visto il mio passato. Ora invece mi ricordo che chi guarda non ha la mia stessa esperienza diretta”.

La televisione ha richiesto da parte sua una nuova forma di preparazione?
“È un work in progress continuo. Bisogna sapersi adattare. È il mio mondo ma visto da un’altra prospettiva. Ammetto però che mi piace ancora sentirmi pilota, anche solo per tre o quattro gare all’anno”.

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