
Ci sono motivi tecnici, tattici e psicologici dietro ai tanti secondi posti del belga, battuto in volata da Pedersen a Tirana
Quando ci apparve Wout van Aert pensammo tutti la stessa cosa: mai visto un corridore così. È probabilmente il più completo che ci sia, se togliamo dai giochi Tadej Pogacar che come sapete fa un altro sport. Al Tour del 2021, van Aert vinse tre tappe: la crono di Saint-Émilion, la volata finale sugli Champs-Élysées e una tappa di alta montagna, quella col doppio passaggio sul Mont Ventoux. Gli ultimi due corridori a riuscire in un simile campionario del meglio del ciclismo in un Tour de France erano stati Bernard Hinault nel 1979 e Eddy Merckx nel 1974. Due mostri. L’anno dopo, con il Tour che partiva dalla Danimarca, van Aert arrivò tre volte secondo nelle prime tre tappe: nella crono di Copenaghen alle spalle di Lampaert, nella volata di Nyborg battuto da Jakobsen, e ancora nella volata di Sonderborg alle spalle di Groenewegen. Anche quello era un record: soltanto un altro corridore era riuscito a fare tre secondi posti consecutivi nella storia del Tour: Alfredo Binda nel 1930, anche lui nelle prime tre tappe. Fu proprio in Danimarca che cominciammo a sospettare che questa storia dei secondi posti sarebbe diventata un tormentone: se è vero che il secondo è il primo dei perdenti, l’attitudine di van Aert alla sconfitta cominciava ad assomigliare a una costante.