Dai dati dello studio MeND emerge che un professionista su 3 ha subito molestie o minacce sul lavoro. E lo stress dei turni si fa sentire
Eugenio Spagnuolo
18 ottobre - 17:12 - MILANO
Uno su 3 presenta sintomi di depressione o ansia. E la prevalenza della depressione è 5 volte superiore a quella della popolazione generale. A stare male non sono gli anziani, né persone con problemi pregressi. Sono medici e infermieri. Il dato emerge dall'indagine MeND (Mental Health of Nurses and Doctors), lo studio più ampio mai condotto sulla salute mentale del personale sanitario europeo, che ha raccolto oltre 90mila risposte valide tra l'ottobre 2024 e l'aprile 2025 nei Paesi dell'Unione europea, Islandia e Norvegia.
La ricerca, coordinata da José Luis Ayuso Mateos del Centro di ricerca biomedica spagnolo Cibersam e dall'Università Autonoma di Madrid insieme al collega Roberto Mediavilla, è stata presentata in occasione della Giornata mondiale della salute mentale durante un evento virtuale organizzato dall'Oms Europa. "I risultati rivelano una situazione preoccupante che non può essere ignorata" spiega Ayuso. Perché, oltre ai sintomi depressivi e ansiosi, il 3 per cento mostra segni di probabile dipendenza dall'alcol, più del 10 per cento ha avuto pensieri di suicidio o autolesionismo. Le risposte analizzate, oltre 120mila in totale, sono state raccolte attraverso strumenti scientifici per valutare la salute mentale e la sua relazione con fattori demografici e lavorativi. Si tratta, secondo il Cibersam, della ricerca più esaustiva mai realizzata in questo ambito.
Medici e infermieri: Condizioni di lavoro difficili
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Le condizioni di lavoro peggiorano il quadro: un professionista sanitario su 3 ha subito molestie o minacce nel corso dell'ultimo anno, uno su 10 violenza fisica o molestie sessuali, un medico su 4 lavora oltre 50 ore alla settimana. Tutti fattori che aumentano in modo significativo il rischio di problemi psicologici. E il legame tra ambiente lavorativo ostile e disagio mentale emerge con chiarezza dai numeri: chi lavora turni massacranti, subisce aggressioni verbali o fisiche, si trova senza supporto, finisce per accumulare sintomi che nella popolazione generale si vedono molto meno.
La buona notizia è che chi riceve supporto frequente da colleghi e superiori presenta la metà dei sintomi di chi si sente isolato. Così come avere autonomia nell'organizzazione del proprio lavoro, mantenere un equilibrio tra vita privata e professionale e disporre di misure preventive contro la violenza si associa a un minor disagio psicologico.
Tolleranza zero
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Come uscirne? Il rapporto propone una serie di interventi: politiche di tolleranza zero verso violenza e intimidazioni, miglioramento della prevedibilità e flessibilità dei turni, gestione adeguata delle ore straordinarie e dei carichi di lavoro, rafforzamento della leadership sanitaria e della gestione emotiva, disponibilità di risorse di supporto psicologico e prevenzione delle dipendenze, monitoraggio periodico del benessere e delle condizioni lavorative del personale. "Del resto - conclude Ayuso - Proteggere la salute mentale di chi si prende cura della popolazione è indispensabile per garantire il futuro dell'assistenza sanitaria in Europa".