
personaggio
Contenuto premium
Il talent scout che può tornare alla Juve e il suo amore raccontato nella tesi di Coverciano: la cena con il papà, il giro del mondo, l'amicizia con Paratici, il modo di sviluppare talento
Giorgio Burreddu
5 giugno - 10:52 - MILANO
Voglio una vita esagerata. Magica, come quelle dei film. Non servono eroi o macho men. Bastano un direttore sportivo e la sua vocazione. Il resto ce lo mette il calcio. Matteo Tognozzi sembra uscito da Cent’anni di solitudine. Ma nella tesi a Coverciano dell'uomo mercato che la Juve sta per riabbracciare non ci sono né Macondo né la scoperta del ghiaccio. Però quelle atmosfere mitiche e piene di fascino esotico ce le trovi lo stesso. I luoghi sono altri: una notte a San Paolo, Brazil, un campo in mezzo alla steppa russa, una curva che oscilla alla Bombonera. E poi gli oggetti: le vhs, un passaporto sgualcito, un taxi senza gps. Non sono simboli, ma strumenti del mestiere. "Non credo di aver passato una singola domenica della mia infanzia e della mia adolescenza lontano da un campo di calcio”. Il calcio, per Tognozzi, 38 anni, toscano, è una lingua madre. Anche se lui ne parla addirittura sei. D’altra parte, come dice il saggio, ogni uomo deve inventare il proprio cammino.