I fossili scoperti sulle Alpi occidentali italiane, per la precisione sul Massiccio Dora-Maira in Piemonte, nascondono una caratteristica eccezionale: sono sopravvissuti alle profonde trasformazioni geologiche che hanno interessato le rocce delle quali fanno parte, che nel corso di centinaia di milioni di anni sono sprofondate all'interno del mantello terrestre in condizioni di pressione e temperatura estreme per poi tornare in superficie con il loro prezioso carico pressoché intatto. La scoperta si deve al gruppo di ricerca italiano guidato dall'Università di Torino con la partecipazione dell'Università di Perugia. La scoperta pubblicata sulla rivista Scientific Reports apre nuove prospettive sulla ricerca di vita in ambienti estremi, come altri pianeti.
Le minuscole tracce individuate dagli autori dello studio, guidati da Rodolfo Carosi, consistono in pollini, spore e microscopici organismi marini risalenti a un periodo compreso tra 323 e 251 milioni di anni fa. Le rocce delle quali fanno parte hanno subito non uno, ma due cicli cosiddetti 'orogenici', cioè quella sequenza di eventi che portano alla formazione di una catena montuosa: il primo, più antico, è avvenuto circa 340 milioni di anni fa, mentre il secondo, iniziato circa 100 milioni di anni fa, è quello che ha dato origine alle Alpi.
Le tracce di vita sono quindi sopravvissute a drammatiche trasformazioni, dal momento che alcune delle rocce sono state spinte all'interno della Terra fino a una profondità di circa 100 chilometri. I ricercatori sottolineano che si tratta del primo ritrovamento al mondo di fossili conservatisi dopo essere stati esposti a tali condizioni estreme di temperatura e pressione.
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