Punizioni fisiche e salute dei bambini: l’Oms conferma i danni profondi e duraturi

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Una sculacciata ogni tanto non è innocua, ha ripercussioni a lungo termine sulla salute dei bambini: non solo è dannosa, ma è anche controproducente.

Anna Castiglioni

13 ottobre - 17:17 - MILANO

Ancora oggi, in molte case del mondo — Italia compresa — capita che uno schiaffo o una sculacciata vengano considerati una forma di educazione. “Se l'è meritata”, “serve a fargli capire chi comanda”, “è per il suo bene”: sono frasi che si sentono spesso, a volte quasi sussurrate, altre dette con convinzione. Ma che cosa succede davvero a un bambino quando viene punito fisicamente? A rispondere con chiarezza è un nuovo rapporto pubblicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che raccoglie decenni di ricerche e dati globali per analizzare gli effetti delle punizioni corporali sulla salute e sullo sviluppo dei minori. I risultati sono inequivocabili: non solo queste pratiche non funzionano, ma possono provocare danni profondi, duraturi e trasversali, che si riflettono sul corpo, sulla mente e sulla vita sociale del bambino.

Cos’è la punizione corporale e perché è un problema globale

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Con il termine punizione corporale si intende qualsiasi forma di disciplina che preveda l’uso della forza fisica, anche lieve, per causare dolore o disagio con l’obiettivo di correggere o controllare il comportamento del bambino. Schiaffi, sculacciate, colpi con oggetti, ma anche strattoni o pizzicotti rientrano in questa definizione. Secondo l’OMS, si tratta della forma di violenza più comune ai danni dei bambini, spesso normalizzata all’interno delle famiglie o delle istituzioni educative. Le stime parlano di oltre 1 miliardo di minori esposti ogni anno a punizioni corporali nella propria casa. Questo fenomeno riguarda tutti i contesti socio-economici: non è limitato a paesi a basso reddito o a culture specifiche. Anzi, il rapporto sottolinea come in molte società queste pratiche siano ancora giustificate da convinzioni radicate sulla disciplina, l’autorità genitoriale e la tradizione.

I danni fisici, emotivi e neurologici delle punizioni corporali

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Molti pensano che un singolo schiaffo non lasci segni, ma la scienza racconta una storia diversa. L’uso della forza come metodo educativo è associato a una lunga serie di esiti negativi sul piano fisico, mentale ed emotivo. Le punizioni corporali attivano nel bambino una risposta da stress, con produzione aumentata di cortisolo e altri ormoni che, se prolungata nel tempo, può avere effetti negativi sullo sviluppo del cervello. Alcuni studi citati dall’OMS mostrano alterazioni nella struttura di alcune aree cerebrali, in particolare quelle coinvolte nella regolazione delle emozioni, della memoria e del comportamento. Ma i segni più visibili sono spesso quelli emotivi. I bambini sottoposti a punizioni fisiche mostrano più frequentemente sintomi d’ansia, depressione, ritiro sociale, bassa autostima, difficoltà nella regolazione della rabbia, fino ad arrivare — nei casi più gravi — a comportamenti autolesivi o violenti. L’effetto è cumulativo: più frequente è l’esposizione, maggiori sono le conseguenze. E soprattutto, non si esauriscono nell’infanzia. Le punizioni corporali aumentano il rischio di sviluppare disturbi psicologici anche in età adulta.

Comportamenti, apprendimento e relazioni compromesse

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Il paradosso più evidente, sottolineato con forza nel rapporto, è che le punizioni corporali non migliorano il comportamento, anzi. Numerosi studi longitudinali mostrano che i bambini puniti fisicamente hanno una maggiore probabilità di diventare più aggressivi, oppositivi o impulsivi nel tempo. In ambito scolastico, l’impatto si traduce in peggior rendimento, scarsa motivazione, difficoltà di concentrazione e problemi relazionali con insegnanti e compagni. Lo sviluppo cognitivo può risultare rallentato, e in molti casi emergono ostacoli nel raggiungimento degli obiettivi educativi. Anche il legame con le figure adulte si deteriora. I bambini che subiscono punizioni fisiche tendono a fidarsi meno, ad avere una percezione più distorta dell’autorità e, in molti casi, a interiorizzare il modello della forza come unica risposta ai conflitti.

Non è una questione culturale: i danni sono universali

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Una delle convinzioni più radicate è che l'effetto delle punizioni corporali dipenda dal contesto culturale. In altre parole: "Da noi funziona", "Lo fanno tutti", "L’ho subita anch’io e sono cresciuto bene". Il rapporto OMS smonta questa convinzione: le prove scientifiche raccolte in decine di paesi e contesti diversi mostrano un'evidenza coerente. A prescindere dalla cultura, dalla religione o dallo status sociale, le punizioni fisiche sono dannose. La loro accettazione sociale non ne riduce l’impatto negativo. Le punizioni corporali non educano. Non trasmettono valori, non insegnano empatia, non migliorano l’autocontrollo. Producono, invece, paura, umiliazione e — nel lungo periodo — disfunzioni.

Alternative possibili: educare senza fare male

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È importante chiarire che vietare la violenza non significa lasciare tutto alla permissività. Esistono metodi educativi basati sul rispetto reciproco, sulla comunicazione chiara e sulla coerenza, che aiutano i bambini a comprendere le regole senza subire umiliazioni o dolore. La cosiddetta disciplina positiva incoraggia la cooperazione, valorizza il dialogo e costruisce un clima di fiducia tra adulto e bambino. Serve tempo, pazienza e supporto, ma è un investimento a lungo termine sulla salute emotiva e relazionale del minore. Il cambiamento culturale è possibile solo se viene accompagnato da strumenti concreti. Servono programmi di sostegno alla genitorialità, formazione nelle scuole, campagne pubbliche e, laddove ancora assente, una legislazione chiara che vieti l’uso della forza sui minori in ogni contesto.

Un impegno di salute pubblica, non solo familiare

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Il messaggio dell’OMS è chiaro: le punizioni corporali sono una questione di salute pubblica. Non si tratta solo di scelte educative individuali, ma di un fenomeno che ha un impatto misurabile sul benessere collettivo, sulle future generazioni, sulla società nel suo complesso. Proteggere i bambini dalla violenza fisica — anche quella che si nasconde dietro la parola “educazione” — è un dovere di tutti: istituzioni, famiglie, professionisti dell’infanzia. Ogni schiaffo evitato è un’opportunità per insegnare, crescere e costruire un mondo più sano, per i bambini di oggi e per gli adulti di domani.

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