Il lungo di Atlanta che ha avuto il ct azzurro come coach nella Lettonia: "Allenatore incredibilmente preparato, ma anche persona eccezionale. Sin da bambino sognavo i pro' in Europa, ma non scordiamo l'Eurolega"
Kristaps Porzingis riparte ad Atlanta e lo fa con grandi ambizioni. Il lettone avevo trovato la sua dimensione a Boston, aiutando anche i Celtics a conquistare il 18° titolo nel 2024, ma una complicata situazione finanziaria, che rendeva il roster costosissimo, e il ridimensionamento a causa del devastante infortunio di Jayson Tatum, hanno reso il suo sacrificio praticamente obbligatorio per la franchigia. KP però è caduto in piedi, ritrovandosi in una situazione decisamente intrigante con una squadra giovane ma pronta per il salto di qualità. "Sono molto contento, qui ad Atlanta mi trovo benissimo. Giocare con Trey Young, poi, è fantastico, è uno dei migliori registi della lega e spesso sono quello che riceve la maggior parte dei suoi assist".
Siete una squadra giovane ma con tante ambizioni.
"Non dobbiamo avere fretta ma fare un passo alla volta, però è vero, abbiamo obbiettivi importanti. La stagione è iniziata con alti e bassi ma non importa c’è tanto tempo per migliorare e noi vogliamo trovare la chimica giusta per arrivare al massimo nella postseason".
Quanto è importante per questa squadra la sua leadership?
"Cerco di dare una mano sia in campo che nello spogliatoio. Abbiamo un gruppo di ragazzi giovani molto talentuosi e voglio aiutarli a crescere e a disputare la miglior stagione in carriera".
Lo scorso anno è stato rallentato da un malattia complessa da diagnosticare (la sindrome da tachicardia ortostatica posturale), quanto è stato frustrante?
"E’ stata un’annata molto complicata, anche perché non riuscivamo a capire bene che cosa avessi. Una malattia di quel tipo poi è strana, quando hai un infortunio, lo devi superare e sai che cosa ti aspetta, invece una situazione come quella è complessa, pensi di stare bene e di poter giocare poi appena vai in campo il tuo corpo non ti permette di fare le cose che vorresti, è stato incredibilmente frustrante. Adesso però è tutto alle spalle e da un certo punto di vista questa esperienza mi ha reso più forte mentalmente".
Durante la offseason a causa della situazione finanziaria di Boston è arrivata la trade ad Atlanta, se lo aspettava?
"Onestamente sì, ero preparato ma avevo tre o quattro destinazioni possibili, invece sono stato ceduto agli Hawks, una franchigia che non era nel mio radar. Non potevo chiedere un epilogo migliore, una squadra giovane, con grandi ambizioni e con giocatori molto talentuosi come Young, Daniels, Johnson e Risacher, e una città nella quale si vive benissimo come Atlanta. Davvero la soluzione perfetta per me".
Che opinione ha di Luca Banchi, il nuovo allenatore dell’Italia con il quale naturalmente ha lavorato con la Nazionale lettone?
"Non solo Luca è un allenatore incredibilmente preparato, ma è anche una persona eccezionale. Con noi ha fatto una grandissimo lavoro, magari la parte finale della sua avventura non è stata perfetta ma è difficile mantenere il livello che abbiamo avuto per quattro anni. Voglio ringraziarlo e fargli il mio più grande grande in bocca al lupo per il suo nuovo lavoro, Luca Banchi è un italiano carismatico con charme e stile con il quale è bellissimo dialogare non solo di basket. Farò il tifo per lui anche sulla panchina dell’Italia".
Da europeo e veterano della Nba pensa che il progetto Nba Europe possa avere grande successo?
"Sicuramente si. Certo non dimentichiamoci dell’Eurolega, che resta un punto di riferimento per il basket europeo, ma penso che l’avvento della Nba farà benissimo a tutto il movimento. Io confesso che quando ero ragazzo sognavo la creazione di una franchigia Nba in Europa per poter giocare nella lega più bella del mondo senza dover lasciare il Vecchio Continente, adesso una cosa simile potrà anche succedere. Forse sono arrivato tra i pro' troppo presto... Comunque sia credo sarà un progetto molto intrigante".










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