Non è adrenalina ma disinibizione: secondo uno studio il torpiloquio ci aiuta a dare il massimo durante sforzi e allenamenti
Eugenio Spagnuolo
28 dicembre - 11:42 - MILANO
Quando in palestra spunta la vena sul collo dell'atleta che si appresta all'ultimo, massacrante, sollevamento, accompagnato da un sonoro turpiloquio, la scena ci fa sorridere. O storcere il naso, a seconda della sensibilità. Ma forse quelle parolacce hanno un senso. Richard Stephens, psicologo della Keele University, studia da anni il legame fra imprecazioni e prestazione fisica, e adesso, su American Psychologist, è arrivato a spiegare il perché. Dire una parolaccia mentre si sta sostenendo uno sforzo intenso e breve migliora la performance. Non di tanto, per carità: 2-3 secondi in più rispetto a chi ripete una parola neutra. Ma in certi contesti, quei pochi secondi possono fare la differenza.
Perché Le parol(acc)e sono importanti
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Gli esperimenti hanno coinvolto 182 persone in due studi separati. Il compito era un chair push-up: sollevarsi da una sedia usando solo le braccia e resistere il più possibile. Ogni partecipante lo faceva due volte. In una prova ripeteva ogni due secondi una parolaccia a scelta, nell'altra una parola neutra. Nel primo esperimento la resistenza media saliva a 26,92 secondi con le imprecazioni contro i 24,19 senza. Nel secondo, 26,97 contro 24,55 secondi. Pochi secondi di differenza, certo. Ma in ambito sportivo o riabilitativo, quei margini contano.
Disinibizione di stato
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Il meccanismo non ha niente a che fare con l'adrenalina. È psicologico e coinvolge tre elementi: il flow (assorbimento totale nell'attività), la distrazione dal disagio fisico e l'autostima. Chi imprecava riportava livelli più alti in tutti e tre. "In molte situazioni, le persone si trattengono, consciamente o inconsciamente, dall'usare tutta la loro forza" spiega Stephens. "Imprecare è un modo facilmente disponibile per aiutarsi a sentirsi concentrati, sicuri e meno distratti, e per 'buttarsi' un po' di più". I ricercatori la chiamano disinibizione di stato: una sospensione temporanea dei freni psicologici. Come se il cervello, sentendo quelle parole tabù, ricevesse il permesso di mollare il controllo.
L'ipotesi è che imprecare silenzi il sistema cerebrale dell'inibizione comportamentale (quello che ci rende cauti) e rafforzi quello dell'attivazione (che ci spinge verso l'obiettivo). Le applicazioni potrebbero andare oltre la palestra: nella riabilitazione fisica, dove i pazienti esitano dopo un infortunio, o nelle negoziazioni difficili. "Imprecare è letteralmente uno strumento a costo zero, senza farmaci, facilmente disponibile quando abbiamo bisogno di una spinta nelle prestazioni" dice Stephens. Lo studio però si è limitato a studiarlo su sforzi brevi. Se funzioni per attività prolungate nessuno ancora può dirlo.








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