Carlo Nordio è pronto a mettere la faccia sul sì al referendum sulla riforma della giustizia andando in tv - anche a breve - e in giro per l'Italia, "compatibilmente con gli impegni di governo". Ma non intende pagare con le dimissioni, se prevalessero i "no". Il ministro della Giustizia accetta la sfida, ribadisce i suoi paletti e accende la campagna referendaria sulla separazione delle carriere dei magistrati, il doppio Csm e un'alta corte disciplinare. E parlando al Foglio, ribatte agli "slogan senza fondamento" dei contrari. In prima fila, c'è l'Associazione nazionale dei magistrati che 24 ore dopo il voto definitivo del Senato ha annunciato un comitato per il "no" e dato la disponibilità a un confronto televisivo con il ministro. Che sia su Skytg24, nel salotto di Bruno Vespa o al Tg1, si vedrà. Ma nessuno dei due, pare, disdegni l'idea che sia presto, e prima delle elezioni regionali del 23 e 24 novembre. Una scelta utile a tenere alta l'attenzione dei cittadini su un voto che non sarà prima di marzo o aprile (e anche perché è una consultazione senza quorum).
Ma utile anche politicamente. In particolare nella maggioranza, potrebbe rivelarsi un volano in più per le Regionali, nella speranza che chi sarà convinto dalle ragioni del sì alla riforma, vada alle urne e voti il centrodestra. Soprattutto in Campania o in Puglia dove la coalizione insegue o è meno favorita. Insomma tutto è buono per la causa, è il ragionamento. Che ovviamente vale anche a sinistra. E' qui l'altro fronte del "no" alla riforma. Sconfitto in Parlamento, il cosiddetto "campo largo" promette battaglia.
Ma il perimetro entro cui muoversi è ancora incerto. Difficile al momento scommettere su un comitato promosso da Pd, M5s e Avs insieme. Più probabile, sulla carta, che i tre uniscano le forze aggregandosi alla società civile guidata ad esempio da Cgil, Arci o altre associazioni, sulla falsariga del comitato per il "no" alla riforma dell'Autonomia promosso contro la legge Calderoli. E' probabile che nei prossimi giorni ci sia un confronto tra le varie anime della "carovana" civile, per sondare il terreno e tracciare la rotta.
Intanto è al centrosinistra che Nordio si rivolge, per bacchettarlo sulla riforma. In particolare a Elly Schlein che blandisce riconoscendole intelligenza ("Sorprende sentire certe affermazioni da una persona seria e intelligente come Schlein, che non è un grillino analfabeta come ne ho sentiti in Aula"). E subito dopo sfidandola: "La sinistra si è dimenticata che questa riforma fa parte della sua storia?", chiede alla leader Dem, citando gli esempi della commissione Bicamerale di Massimo D'Alema e nel 2019 della mozione congressuale di Maurizio Martina, entrambi favorevoli alla separazione delle carriere.
Liquida le argomentazioni dei contrari sulla presunta fame dei "pieni poteri" del governo nel Paese, a "frottole" e "slogan senza fondamento". E conclude: "Se vogliono fare un processo alle intenzioni perché non hanno altri argomenti, facciano pure".
A livello parlamentare, la campagna partirà tra meno di 48 ore, con la raccolta firme da lunedì alla Camera e martedì al Senato. Basteranno 80 deputati o 41 senatori. Traguardo facile per una coalizione che ne conta 242 a Montecitorio e 120 a Palazzo Madama. Tra i quattro partiti, di fatto è Forza Italia a fare da capofila. Complice la battaglia personale di Silvio Berlusconi, a cui gli azzurri hanno dedicato la riforma. Lo fa pure Marta Fascina in un'intervista al Giornale. Per l'ultima compagna del Cavaliere, la separazione delle carriere "rappresenta un passaggio storico" e a livello più personale "l'ultima vittoria di Silvio", ricordando che "è nel dna di Forza Italia e parte del suo impegno politico da sempre". E il partito più tardi rilancia le sue parole sui social.
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