La band veneta racconta il nuovo album tra doom, riferimenti anni '80 e ambientazioni cinematografiche e si prepara a salire di nuovo sui palchi italiani
C'è chi si limita a suonare metal e chi, come i Messa, lo trasfigura in qualcosa di unico. A distanza di tre anni da 'Close', la band veneta, tra le realtà più interessanti del panorama heavy europeo, torna con 'The Spin', quarto disco in studio uscito l'11 aprile scorso per Metal Blade Records. Forse il loro lavoro più lucido, spigoloso e vulnerabile. Un disco che vibra come la ruota in copertina - un copertone da corsa incastonato in un uroboro firmato Nico Vascellari - e che si muove in un moto perpetuo tra doom metal, ambientazioni cinematografiche, riferimenti jazz, richiami post-punk e riverberi Eighties. Ma al centro di tutto, come sempre, ci sono loro: le emozioni non addomesticate e la materia viva del suono. L’AdnKronos ha parlato su Zoom con due dei quattro membri, Sara Bianchin (voce) e Alberto Piccolo (chitarra), del significato di questo nuovo ‘giro’, di artigianato sonoro, doom, immagini e parole, di fan sparsi per il mondo e di cosa significa oggi fare metal in Italia.
"Il titolo è legato a tutto quello che è l’universo contenuto all’interno dell’album - spiegano i Messa -. Negli ultimi tre anni ci sono successe tante cose, sia dal punto di vista professionale come band che come persone, ovviamente, e tutto quello che c’è nel disco è un po’ il risultato di questo. ‘The Spin’ è un giro di boa, di ruota”. A rappresentare visivamente questa idea di movimento c’è l’artwork: un copertone di moto incastonato nell’esterno di un uroboro. "È un simbolo che ha molto valore, e secondo noi esprimeva perfettamente quello che è l’intento dietro la creazione di quest’ultimo album". In un genere spesso associato a strutture complesse e brani dall’architettura labirintica, i Messa scelgono di rimanere fedeli a una certa linearità, per quanto possibile. "Devo dire che nel metal succede abbastanza spesso che si rompa la forma canzone - spiega Alberto -. Noi forse siamo un po’ affezionati alla forma canzone, anche per dare un minimo di intelligibilità in più a quello che facciamo. Tentiamo di fare una cosa che sia semplice nell’accezione più positiva del termine, nel senso di togliere le cose che sono un po’ superflue".
Dal punto di vista testuale, 'The Spin' mostra un'evoluzione. "Ho sempre usato tante metafore nei testi per questo progetto e anche questa volta ci sono, però secondo me mi sono messa un po’ più a nudo - racconta Sara -. I testi sono un po’ più crudi, vanno un po’ più dritti al punto. Chiaramente ci sono vari temi: l’amore che non sboccia mai, il non sapere dove si sta andando, il disgusto verso sé stessi". Tra le ispirazioni meno ovvie, anche lo scrittore Cormac McCarthy. “Durante uno degli ultimi tour negli Stati Uniti ho trovato 'La Strada’ in una libreria - dice Sara - l’ho riletto in inglese. Quella crudezza mi ha aiutata a decidere che strada prendere nel modo in cui scrivere”. Musicalmente, per questo disco la band attinge da mondi diversi: anni Ottanta, doom, jazz. “Abbiamo parlato anche noi di influenze come Sisters of Mercy, Killing Joke, Journey, Vangelis. Ma ci sono degli elementi fermi: le dinamiche forti e basse nelle strofe, le accordature tipiche del doom, l’elemento jazz". La musica dei Messa è fortemente visiva. “È difficile, siccome non siamo dei contenitori stagni, tutto quello che ci succede ha comunque un’influenza – spiegano -. Che sia un film, come quelli di David Lynch o Blade Runner, un libro o un dipinto, cambia il linguaggio ma non la sostanza. Cerchiamo sempre un fil rouge che tenga assieme tutto quanto l’universo creativo”.
I Messa sono una realtà che ha trovato spazio anche oltreconfine. “Siamo sempre trattati molto bene, sia qui in Italia che fuori. Forse è il modo di assistere ai concerti che cambia - osservano -. In Germania o in Olanda c’è religioso silenzio. In America invece ti danno feedback molto più diretti, ti dicono subito cosa pensano dello show. Qui magari siamo un po’ più timidi”. Come è cambiata la scena metal italiana in dieci anni? La risposta è articolata. “Ci sono tante band molto valide che hanno provato a spingere i limiti del genere,” dice Alberto. Ma Sara nota che qualcosa si muove anche a livello culturale: “Il modo di concepire l’essere una donna che suona è un po’ cambiato. Una volta era visto come una cosa insolita. Ora fortunatamente un po’ meno”. C’è però ancora molto da fare: “Spesso la tendenza è a essere giudicata in quanto donna che fa qualcosa e non come artista e basta. Il termine female fronted metal mi fa impazzire: è metal e basta”. Alberto, con uno sguardo più disincantato, riflette invece sul calo del ricambio generazionale: “In dieci anni ci sono sempre meno band. C’è un po’ poco tessuto locale, ed è difficile che si generino band nuove con sound nuovi. Anche per una questione culturale: fare il musicista richiede tempo e sacrificio. In un mondo che vuole tutto e subito, questa cosa stride”.
A dieci anni dall’inizio dell’avventura, la band ha maturato una visione lucida sul proprio percorso. “Mi piace il termine artigiano del suono, perché fare il musicista è un po’ come costruire una sedia - dice Alberto -. Non puoi affezionarti troppo. Devi fare quello che serve, mediando con quello che ti piace. C’è un sacco di lavoro, di rompere e rifare”. Sara aggiunge: “Per me è una commistione delle due cose. C’è una parte magica e volatile che c’entra con l’emotività. Ma è inevitabile anche il lavoro di costruzione, di rifinitura. È una sintesi tra istinto e mestiere”. Dopo le prime date dal vivo, tra cui il Roadburn Festival, i Messa stanno portando ‘The Spin’ sui palchi cercando di rimanere fedeli al suono del disco. “La nostra idea è cercare di riproporlo il più possibile fedelmente a com’è nel disco,” spiegano. Con l’aiuto del trombettista Michele Tedesco – ospite anche sul disco – la band ha dato forma a un live curato nei dettagli: “Nei festival bisogna essere un po’ più celeri, per cui stiamo capendo anche come rivedere la scaletta o l’arrangiamento del disco per farlo un po’ più snello.”
Dopo l’estate dedicata ai festival europei, i Messa torneranno nei club: “Sicuramente faremo altre date italiane, in inverno - assicurano -. Questa estate ci stiamo concentrando a suonare in Europa. Ma nella stagione invernale suoneremo in vari club in Italia e ci vedremo molto presto". Per chi si avvicina per la prima volta all’album, Sara consiglia di partire proprio dall’inizio: “Secondo me il brano migliore per cominciare l’ascolto è il primo, ‘Void Meridian’. È un brano che mostra un po’ quello che è il nostro nuovo percorso, ma anche la nostra anima, il nostro Dna". Alberto, invece, punterebbe su un altro pezzo: “Io sceglierei 'Immolation', perché è la mia preferita. Ha tutti gli elementi un po’ '80s, e forse è il brano tra tutti più accessibile anche a chi non ascolta metal”. Con The Spin, i Messa non solo convincono ma certificano definitivamente il loro ruolo nel genere, imponendosi come una delle realtà più interessanti e autorevoli del panorama doom metal internazionale. (di Federica Mochi)