Buscè, che lo ha allenato per quattro anni, spiega perché ha capito che quel bambino magro sarebbe diventato forte. E un ex compagno svela un segreto: "In spogliatoio stava zitto, ma in campo dava l’anima"
Lorenzo Cascini
5 luglio - 12:45 - MILANO
Tutto partì da una battuta. Dopo un’oretta di allenamento, i ragazzi vanno a fare la doccia e il mister va a bussare all’ufficio del Presidente Corsi. "Pres, io di uno così, se avessi i soldi, comprerei il cartellino di tasca mia. Si fidi, teniamocelo stretto". Battesimo. La scena risale a una decina d’anni fa. Antonio Buscè, uno che a Empoli è un’istituzione, era rimasto stregato da quel Samuele, 12 anni, che toccava la palla con un’eleganza purissima. “Mi bastarono pochi minuti. Era un ragazzino piccolo, esile, molto timido, ma quando giocava apriti cielo... si trasformava". Nel documentario di Totti del 2020, regia Infascelli, c’è un passaggio in cui l’ex capitano della Roma racconta come da ragazzino ci fosse un Francesco fuori dal campo, chiuso e introverso, e uno in campo, leader e trascinatore. Per Ricci, il discorso è molto simile. “Cambiava completamente, altroché - dice Buscè -. Sa che cosa mi colpì immediatamente? Il fatto che lui da centrocampo si abbassasse per farsela dare dal portiere, ma in modo naturale. E quasi la pretendeva, voleva giocarla sempre. Come se fosse un movimento già provato o che qualcuno gli aveva insegnato. Ce lo aveva dentro. E poi, che numeri. Saltava gli avversari con la suola, confidente come avesse vent’anni. Una volta dissi a un mio collaboratore: ‘Oh questo sembra un piccolo Zidane’. Davvero lo ricordava, non esagero".
ricci e l'empoli
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Buscè ha allenato Ricci per quattro anni, in periodi e categorie diverse. “Ci siamo ritrovati più volte. L’ho avuto da piccolino e anche un po’ in Primavera, anche se lì era già praticamente in prima squadra”. A Monteboro i ragazzi vivono in un’oasi di tranquillità, dove il talento si affina e migliora con pazienza. È un luogo dell’anima e non è un caso che l’Empoli negli ultimi anni abbia sfornato talenti a ripetizione. “Ricci è un 2001, diciamo che da lui in poi ne sono usciti parecchi tra Baldanzi, Hamed Junior Traoré & Co. Bisogna dire, però, che sono ragazzi speciali, non è fortuna. Di Ricci, in particolare, ricordo gli occhi. Anche quando lo sgridavi, erano sempre attenti. Non era mai passivo, non ti subiva, voleva imparare”.
buscè e samuele
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A proposito di tirate d’orecchie, Buscè a metà della chiacchierata pesca una polaroid dal mazzo. “Un giorno lo presi da parte e gli spiegai dove sbagliava. Giocava troppo in orizzontale e tendeva a perdersi un po’ per il campo. Io volevo attaccasse meglio l’area, non che si abbassasse così tanto. Lui mi guardava attento, da lì in avanti è cresciuto. Gli ho sempre detto che sarebbe stato pronto per una big e ora è finalmente arrivato il suo momento”. L’appuntamento è a San Siro. “Andrò sicuramente a trovarlo”. Ricci farà uno step importante, arriva al Milan con Allegri allenatore, in un anno di rifondazione. Ma per chi lo conosce, non sarà un problema gestire la pressione. “È ancora quel bambino che chiede il pallone al portiere e che la gioca a testa alta con personalità e classe - dice Buscè -. E non dimentichiamoci che è un nazionale. Un ragazzo che veste la maglia azzurra con continuità per me può serenamente fare il titolare in una grande del nostro calcio. In questo, per l’impatto che avrà, stupirà tutti. È pronto”.

il treno con imbrenda
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Su carattere e pressione, a Buscè fa eco Leonardo Imbrenda, compagno di Samuele in Primavera a Empoli che a 26 anni ha smesso con il calcio. Ricci arrivava sotto età e rischiava un po’ di pagare quel carattere schivo, un po’ timido e chiuso. “Abbiamo fatto un sacco di viaggi insieme per andare al campo, lui saliva sul treno a Pisa e io a Viareggio. Però oltre a essere più piccolo era molto taciturno. Spesso stava con le cuffie o dormiva, soprattutto dopo l’allenamento. Tanto che a volte eravamo costretti a svegliarlo perché doveva scendere…”. Anche qui il ricordo va a uno dei primi frame insieme. “Quando un ragazzino viene aggregato alla Primavera, può capitare faccia il compitino o abbia paura di sbagliare. Poi vedevi lui, zittino anche in spogliatoio, che in campo dava l’anima e puliva ogni pallone. Sembrava un altro. Ricordo due tre imbucate in verticale da applausi. E non sentiva il peso del pallone, giocava come fosse con i suoi coetanei. Devo dire che sia lui e che Junior Traorè avevano un qualcosa in più, un motore diverso”.
ricci faccia pulita al milan
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Samuele Ricci compirà 24 anni ad agosto, viene da Pontedera e l’Empoli è stata la sua seconda casa. Il presidente Corsi lo ha sempre coccolato, per poi lasciarlo andare al momento giusto. Lui è rimasto quel ragazzo semplice, faccia pulita, che gioca con la stessa serenità di quando ha iniziato. Ora potrebbe passare da ‘piccolo Zidane’ a ‘piccolo Modric’. Vedremo. “È anche una questione di educazione - conclude Buscè - Samu si è sempre guadagnato tutto sudando e facendosi valere. Così farà anche al Milan. E con uno come Allegri può solamente crescere. Lo vedo come il faro del centrocampo della nostra nazionale per i prossimi dieci anni”. San Siro e il Milan saranno un bel banco di prova, ma Buscè è sicuro di quello che dice e te lo fa capire dagli occhi con cui te lo racconta: decisi. Gli stessi con cui andò da Corsi a chiedere di blindare quel piccolo funambolo che a 12 anni dava già del ‘tu’ al pallone. Mai passeggiata fino all’ufficio del pres fu più azzeccata.