Le aringhe, la rissa con Ibra, il monito di Koeman: viaggio nella Amsterdam di Chivu

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Siamo stati nei luoghi in cui un giovane difensore che veniva dalla Romania diventò uomo e prese il comando di uno dei club iconici d'Europa: "Quella notte in cui diventò campione d'Olanda con la maglia strappata, che finì nel museo con un biglietto..."

Dal nostro inviato Francesco Pietrella

17 settembre - 07:43 - AMSTERDAM

Un ragazzo dai capelli neri s’aggirava annoiato nella hall di un albergo a due passi dalla Johan Cruijff Arena. Era l’incubo di tutti camerieri: "Ancora tu? A quest’ora? Non dircelo: le solite aringhe". E il ragazzo annuiva, a metà tra il timido e lo sconsolato, pronto a consumare il suo piatto preferito durante una notte di vento e pioggia. Più o meno lo stesso clima che l’ha riaccolto ad Amsterdam più di vent’anni dopo, da allenatore di un’Inter a caccia di riscatto dopo due sconfitte. 

I 2 rossi

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Cristian Chivu è uno dei tanti figli dell’Ajax sparsi per il mondo. Uno che pugni di primavere fa, da 19enne ambizioso, specchiò i suoi occhi in quelli di Aiace - il simbolo del club - e capì che tipo di vita avrebbe scelto. "Da guerriero elegante e garbato", sussurrano da qui, la casa di Johan Cruijff, il tempio del 14 dove lungo le pareti spiccano fieri i volti di generazioni di talenti: oltre a Chivu, ritratto in bianco e nero mentre festeggia il campionato vinto nel 2002, ci sono Van Basten, De Boer, Sneijder, Seedorf, Ibra, Huntelaar, Rijkaard, Heitinga, oggi allenatore dell’Ajax. Chivu ha trionfato da capitano, ma prima di arrivare a stringere la fascia ha faticato. "I primi mesi furono un incubo: giocava, sbagliava, si rialzava, sbagliava ancora, collezionava rossi. Ai tifosi non piaceva, lui non parlava con nessuno, così ci pensammo noi. Gli trovammo una casa vicino Amsterdam per stare sereno. Lì iniziò la sua nuova vita". David Endt, storico dirigente dell’Ajax dal 1996 al 2013, lo racconta in un italiano semi perfetto. Lo fa con l’orgoglio di chi ha visto il guerriero rialzarsi. "Ottobre 1999, quarta gara della sua vita con l’Ajax, sconfitta per 2-1 contro il Roda in casa. Lui venne espulso, i tifosi fischiarono e lui se la prese". Non è finita: "Nella partita successiva fu espulso di nuovo, contro l’Hapoel Haifa in Coppa Uefa". Ma il suo primo esame nella grande coppa andò alla grande. Esattamente 25 anni fa, 17 settembre 2001, ancora contro il Lione, ma in casa. Voti alti e vittoria 2-1. Era destino. 

casa-campo

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La svolta fu lasciare l’hotel. "Chivu cambiava una stanza una volta a settimana per sentirsi meglio". Poi si trasferì ad Ouderkerk aan de Amstel, a 10 minuti di macchina dallo stadio e dal centro sportivo, anche questo a un tiro d’esterno da quest’oasi a sud-est della città. La sua Appiano olandese è stata questa: un paesino di case basse, canali e barche dove comanda la pace. "I compagni lo aiutarono ad ambientarsi - racconta Endt -, legò con Van der Meyde, Van der Vaart e Ibra, con cui una volta venne quasi alle mani. Cristian era il capitano, Zlatan un giocatore di personalità. Uno che una volta rischiò la vita per colpa di Mido, che gli lanciò addosso delle forbici. Le conservo ancora. Insomma, lui e Chivu alzarono la voce e ci fu una discussione forte, ma alla fine non successe nulla. Come capitano sapeva capire i momenti e i compagni. Quell’Ajax tra il 2000 e il 2004, uscito ai quarti di Champions col Milan nel 2003, era una squadra incredibile. Sia in campo… sia fuori". Ne sa qualcosa chi si infilava in macchina di notte: "Si riferisce alle corse in autostrada di Mido, Ibra e Van der Meyde? Tutto vero. Ma Chivu gestiva tutto con grande calma. Quando Koeman gli diede la fascia aveva 21 anni. Lo prese da parte e gli disse ‘tu da oggi diventerai un uomo’. La parola chiave fu responsabilità. Se n’è sempre fatto carico. Il tutto in uno spogliatoio non semplice da gestire, per lui come... per me. È stata dura, ma a casa conservo dozzine di cimeli. Avevo anche una maglia di Cristian". 

la maglietta

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L’ultima cartolina arriva da qui. Nel museo di Amsterdam, in centro, incastonata tra oggetti di ogni tipo, c’è la maglia strappata e infangata con cui Chivu diventò campione d’Olanda. Endt la donò al museo qualche anno fa insieme a una foto del giovane Chivu con dedica in romeno. "C’è scritto che mi vuole bene e mi ringrazia", racconta David divertito, e a distanza di 23 anni ci tiene a rispolverare quel pomeriggio sul fango del Goffertstadion di Nimega, contro il Nec. "Cristian lottò come un leone e chiuse con la maglia strappata sulla pancia. A fine partita mi precipitai nello spogliatoio per prenderne una nuova e conservai la sua. Il simbolo di un Ajax incredibile con dozzine di talenti". Chivu ne era il capitano. Avrà festeggiato con le aringhe.

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