Non aveva bisogno di visibilità, né di passerelle, perché aveva le sue. Nel 2008 entrò in questo mondo con il suo stile. Uno stile che lo contraddistinse nei giorni lieti e in quelli tristi. Così conquistò anche gli avversari
Non è vero che tutti sanno amare. Anche quello è un talento. E Giorgio Armani ce l’aveva. “Sono entrato nel basket per amore della squadra, di uno sport al quale erano legati sia mio fratello Sergio sia mia sorella Rosanna, e della città di Milano. Non me ne sono mai pentito. Anche all’inizio, quando non vincevamo”.
Una cosa profonda
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Non era il successo, né il desiderio di un’altra gloria. Armani quelle cose le aveva già viste, conosciute, possedute. E non era nemmeno una questione di passerelle: aveva le sue. L’Olimpia era un’altra cosa. Più profonda, ma non poi così segreta. Aveva a che fare con la bellezza dello sport, quella cosa che, diceva, “ha ancora la capacità di emozionare, di stupire perché è vero, è un ambito in cui ci si impegna e poi vedi davvero lo sforzo e il risultato”. Armani se n’è andato a 91 anni, un’età portata con eleganza e nonchalance. Dopo una vita di bellezza e condivisione. E lo sport, in fondo, aveva per lui le stesse suggestioni della moda: “Oggi hanno molto in comune. Personalmente penso che nella moda unire eleganza e performance sia il futuro”.
missione
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Sentiva un compito, una specie di missione. Ma da seguire con regalità e dolcezza, com’era lui. “Coniugare comfort ed eleganza, rinunciando agli orpelli, è da sempre il mio obiettivo: come designer e come uomo”. Giorgio Armani aveva trovato tutto questo nell’Olimpia. Si sedeva in prima fila al Forum e guardava, immaginava, gioiva. Nella pallacanestro c’era entrato nel 2008. La società era in crisi e così decise di fare un passo in avanti. “Aveva bisogno davvero”, diceva. E ancora: “Volevo provare a dare alla città e ai tifosi un progetto consono alla storia di questo glorioso club. Certo non immaginavo che il tutto avrebbe richiesto un simile impegno”. Sorrideva, lo sapeva benissimo. Lui che aveva passato la vita a riflettere, pensare, creare conosceva il valore del sacrificio. Lo stesso che serve quando vuoi vincere nello sport. “Ci sono voluti anni di interventi, strategie, fiducia, per riportare al successo la squadra più seguita, più amata, più titolata del basket italiano”.
scudetto
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Nel 2014, dopo diciotto anni di attesa, l’Olimpia tornò a vincere uno scudetto. Era giugno, Armani avrebbe ricordato spesso quel giorno di festa e di allegria: “Una delle emozioni più forti della mia vita. I tifosi hanno invaso il parquet ridendo, piangendo e cantando”. Milano riuscì a battere Siena. Sarebbe stata la partita di The Shot, il famoso tiro allo scadere di Curtis Jerrells. Ma nel lungo filo dei successi c’è un universo. E un’unica certezza: Armani aveva quella straordinaria dote, rarissima, di saper unire le persone. Lo aveva fatto con i vestiti, capi considerati delle gemme. Ma lo sport non è mai stato da meno.
emozioni
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Perché Armani era le emozioni che riusciva a vestire. Anche sul parquet. “Le partite sono coinvolgenti, piene di azione, veloci. Evidenziano lo spirito di squadra, il gesto atletico, il gioco scattante e divertente”. Nel suo lungo percorso con l’Olimpia ci sono anche i numeri a dare la misura della grandezza: 6 scudetti (l’ultimo nel 2024), 4 coppe Italia, 5 supercoppe italiane. Le vittorie, aveva detto, “sono il coronamento di un lavoro portato avanti giorno per giorno. Sono molto orgoglioso della squadra che si è impegnata con costanza. Mi piace pensare che vinciamo nel modo giusto, tutti insieme, come urlano i giocatori prima di andare in campo".
qualità
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L’illusione degli uomini è quella che la genialità basti. Ma per Armani non era così. Sacrificio, talento, dedizione. Le stesse cose che il basket ha sempre portato a galla, soprattutto nella sua gestione. Ma poi c’è sempre stato l’amore a guidare tutto. A chi gli chiedeva: è vero che voleva fare il pittore? Armani rispondeva di aver dipinto tre quadri in tutta la vita. “Tre ritratti: la mia pronipote Maria Vittoria; una persona che conoscevo quando ero giovane; e un nobile quattrocentesco. Li custodisco con attenzione e amore”. Diceva: "Il mio unico rimpianto nella vita è stato passare troppe ore a lavorare e non abbastanza tempo con amici e familiari".
investimenti
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Ma con l’Olimpia, in qualche modo, era riuscito a trovare un equilibrio. Investendo anche molto: nei suoi anni all’Olimpia Milano si calcola che Armani abbia speso oltre 200 milioni di euro. Tanti. Una cifra che ha sempre dato la misura dell’amore, sì. E della stabilità economica che era riuscito a dare alla sua società. Una volta gli chiesero: ma lei, prima dell’Olimpia, c’era mai stato a una partita di basket? Armani aveva risposto con quel solito sorriso di luce: “Sì, ai tempi della Borletti, negli anni Sessanta: tutta la Milano bene andava alla partita, soprattutto perché c'erano tre bei giocatori, tre stangoni, che attizzavano le signore milanesi dell'epoca”. Misurato, calmo, regale: niente eccessi, solo charme.
in tv
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Ma nel 2023, per il trentesimo scudetto dell’Olimpia, si lasciò andare in diretta tv. Con garbo, certo. “Per la prima volta in vita mia provo una felicità plateale. L'emozione che ti dà la gente che applaude, in un Forum così, è davvero speciale. Una medaglia interessante, perché non c'è la moda e mi piace particolarmente”. Si definiva un playmaker, proprio come nel suo lavoro. “Il mio obiettivo all'inizio era affermare la mia visione e vestire le persone. In un certo senso, è ancora la stessa idea oggi”, aveva detto.
l'omaggio virtus
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Negli ultimi anni la lotta per il titolo in Serie A si era accesa con la Virtus, i rivali che lo hanno voluto omaggiare con un messaggio. E così hanno fatto tutti nel mondo, anche nel mondo del basket. Amava ricordare che l’Olimpia era di tutti: chiunque sentiva di poter avere un affetto sincero con quei colori e quelle storie. Ma, diceva, “il 40 per cento del pubblico dell’Olimpia è femminile. Credo che tutto questo contribuisca a creare un clima entusiasta e vivace”.
collare d'oro
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E quando gli consegnarono il Collare d'oro del Coni, onorificenza riservata agli sportivi, si divertì: “Quando ero giovane uscivamo dalla guerra, le palestre erano uno stanzone con la corda, il cavallo e il quadro svedese. Pian piano ho apprezzato lo sport e capito che era una cosa vera. Poi ho preso altre strade, ma mi sono "vendicato" e ho pensato allo sport a modo mio, vestendo gli sportivi, e anche spendendo un sacco di soldi con una squadra di basket. Sono orgoglioso e un po' commosso”.
poco basket
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Punzecchiava i media, i giornali e le tv: “Di basket non se ne parla abbastanza”. E però il basket italiano lui lo ha cambiato davvero, gli ha ridato lustro. E l’Olimpia con lui è entrata in una nuova era. Da anni è tornata a essere una locomotiva della pallacanestro in Italia e in Europa e il fatto che un imprenditore del calibro di Armani ne abbia fatto un’eccellenza aziendale ha costretto anche gli altri club ad alzare l’asticella in termini di organizzazione e investimento. “Amo da sempre lo sport, tanto da averlo reso parte integrante del mio lavoro. Credo nel potere positivo dell’atto agonistico”. Ambasciatore del basket, il progetto per i giovani, l’attenzione ai dettagli. Del resto, ha sempre raccontato lui, “la mia più grande debolezza è che ho il controllo su tutto» ha detto al Financial Times. È successo anche nel basket e con l’Olimpia. Perché la sua grande forza, assicurava, era “la capacità di credere nelle mie idee e la determinazione, a volte la testardaggine, di portarle a termine”.
ARENA NBA Nel 2015 l’Olimpia era diventato il primo club europeo a giocare in un’arena Nba contro un’altra squadra europea, il Maccabi, ed è stato il primo club italiano a vincere al Madison Square Garden, l’arena simbolo del basket americano. Aveva portato grandi allenatori e giocatori di rara meraviglia. Coach rudi, ma capaci. Aveva amato Mike d’Antoni. Ma, raccontava, “da tifoso dell’Olimpia il mio giocatore preferito è sempre stato Dino Meneghin. Ma rivedo lui in Nicolò Melli e Kyle Hines”.
sulla rosea
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Ancora un anno fa, alla Gazzetta dello Sport, provò a buttare giù un quintetto base. “Sono legato a tanti giocatori e non mi piace indicarne alcuni rispetto ad altri. Ma tra quelli che non giocano più da noi, penso a Sergio Rodriguez, che esprime gioia e sono contento che abbia vinto ancora, e Gigi Datome che ho ammirato per la forza con cui ha deciso di smettere dopo aver vinto l’anno scorso lo scudetto come miglior giocatore dei playoff. Non posso non citare Nicolò Melli, che è arrivato da giovanissimo ed è con noi ormai da otto anni. Lui è l’anima del gruppo". L’Olimpia di coach Messina. “Un vero leader”, lo ha sempre definito Armani. Di più. Messina, diceva “intende lo sport esattamente come io intendo il mio lavoro di squadra nella moda. Ha carisma e grande passione e poi sa tenere insieme gli atleti, facendo in modo che diano il meglio in campo”. Si divertivano a chiedergli cosa preferisse tra scudetto e Eurolega, come se si potesse scegliere l’immensità di qualche tipo. E allora sorrideva, ma trovava le parole giuste per rispondere: “Il cielo è il limite. Quindi perché non entrambi i riconoscimenti? Non vorrei porre limiti alla squadra”.