Il clima italiano è cambiato drasticamente negli ultimi anni a causa del riscaldamento globale, e le conseguenze sono gli eventi meteo estremi come l'alluvione che ha fatto esondare il rio Frejus a Bardonecchia. "Il problema è che nel Mediterraneo e nell'Europa meridionale non è aumentata soltanto la temperatura media, ma anche la circolazione dell'aria", dice all'ANSA Antonello Pasini, fisico del clima dell'Istituto sull'Inquinamento Atmosferico del Consiglio Nazionale delle Ricerche.
"Le nostre estati, fino a qualche decennio fa, erano dominate dal famoso anticiclone delle Azzorre, un cuscinetto di aria stabile che ci proteggeva per tutta l'estate fino a ferragosto - afferma Pasini - quando iniziavano i temporali estivi". Adesso non è più così: la crisi climatica ha modificato la circolazione atmosferica e l'anticiclone delle Azzorre è stato spodestato dagli anticicloni africani, i quali però hanno caratteristiche meno favorevoli. "Sono molto più caldi e anche meno stabili", spiega l'esperto del Cnr: "Non ricoprono bene l'Italia al margine settentrionale e quando si ritirano entrano correnti più fresche, nel caso di Bardonecchia dal versante francese, e questi contrasti d'aria di tipo diverso creano precipitazioni molto violente. Inoltre - aggiunge Pasini - i contrasti diventano sempre più alti, perché purtroppo il caldo è sempre più forte".
È questo il fenomeno in atto in questi giorni, e anche nei prossimi, sul Nord Italia in generale. Per Bardonecchia, in particolare, entrano in gioco anche altre cause: "Le nostre vallate alpine sono molto strette - commenta Antonello Pasini - con fiumi a carattere torrentizio che sono secchi per la maggior parte dell'anno, e che si riempiono all'improvviso a causa di eventi di questo tipo". Il cambiamento climatico causato dalle attività umane è dunque il motore di questi eventi meteorologici estremi che stanno diventando sempre più frequenti e intensi. "Ce li terremo anche per i prossimi decenni", sottolinea il fisico del clima.
"Da un lato dobbiamo adattarci, per esempio evitando di costruire troppo vicino agli argini dei fiumi e rinaturalizzando una parte del territorio. Dall'altro dobbiamo assolutamente evitare di arrivare a scenari futuri molto peggiori - conclude Pasini - perché probabilmente ci troveremmo in condizioni ingestibili".
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