Inter o Italia? Sugli spalti di Charlotte il tifo si colora di bianco, rosso e verde

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In North Caroline vivono quasi 10 mila italiani, 2 mila solo nella zona di Charlotte. C'è chi la targa personalizzata del Genoa, chi ha nostalgia dello stadio Curi, chi ha conosciuto Herrera tramite il nonno. Stasera riempiranno lo stadio. E comporranno un gigantesco tricolore

Dal nostro inviato Filippo Conticello

30 giugno 2025 (modifica alle 15:14) - CHARLOTTE

Il primo italiano di Charlotte è un uomo coi baffoni in bianco e nero: se qui ha sede la Bank of America, e non c’è angolo della città che non lo ricordi, tutto o quasi si deve a tale Amadeo Pietro Giannini, che è l’american dream fatto persona. Era un banchiere italo-americano di origini liguri, nato a San Jose, in California, nel 1870, ma figlio di immigrati liguri: da commerciante, l’intuizione successiva fu fondare nel 1904 la Bank of Italy a San Francisco, che poi divenne la Bank of America nel 1930, l’istituto che ora fa ricca Charlotte e l’ha resa il secondo distretto finanziario del Paese dopo New York. Ancora oggi Giannini è ricordato come un pioniere che ha reso i servizi bancari accessibili alla gente comune, in un’epoca in cui servivano solo e soltanto i ricchi. Se è un padre della finanza moderna è anche perché promosse prestiti gli immigrati, come quelli arrivati dal Bel Paese un secolo fa, così diversi dagli italiani che popolano ancora oggi questa città in fortissima crescita: Charlotte ha, infatti, un regime di tassazione favorevole e attrae investimenti anche dall’Italia. E pazienza se sia frustata dal caldo e dai fulmini durante l’estate, come sanno bene le squadre che si giocano il Mondiale della Fifa. Gli italiani della North Carolina, che hanno accolto qui l’Inter con gli allori del caso, li vedi tutti in fila fuori da un albergo di UpTown, la zona centrale e commerciale dove i nerazzurri hanno preparato la sfida al Fluminense. Il piccolo Emanuele, ad esempio, per un giorno ha aspettato Bastoni senza successo. Accanto a lui un ragazzo ammette candidamente di tifare Juve: nessuna eresia, in questo caso conta più il patriottismo e un po’ di orgoglio nel vedere una big del nostro pallone a queste altezze.

tricolore allo stadio

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L’animatore dell’intera comunità locale, di nome Marco Carbone, è riuscito a fare una foto con Cristian Chivu e con il suo collaboratore, Angelo Palombo. Toscano di Massa con origini calabrese, Carbone ha lasciato la città natale nel 2013 con un paio di valigie per inseguire il sogno americano e, soprattutto, la futura moglie statunitense. Nel giorno del 40° compleanno si è trasferito a Manhattan, ma da 13 anni sta qui in North Carolina: ha pure due bambini, Luca e Matteo, tifosissimi della squadra locale, il Charlotte FC. In generale, è proprio il calcio il collante per questa gente, poco meno di 10 mila italiani residenti nello Stato, di cui circa 2000 nella sola zona metropolitana di Charlotte. A unirli anche il lavoro della “Casa Della Cultura Italiana North Carolina”, la cosiddetta Cci-Nc, una organizzazione no-profit la cui missione è promuovere lo sviluppo, la tecnologia, la lingua e la cultura italiana nella zona, sempre integrandosi con i locali. Carbone è nel board dell’associazione – il presidente della Cci-Nc è Valentina Cecchi, la console onoraria per l’Italia in North Carolina – e, da questa posizione, col tempo è riuscito a portare il tricolore fino al Bank of America Stadium, lì dove si gioca Inter-Fluminense: “Visto che la Mls e i regolamenti di sicurezza locali vietano forme di coreografia negli stadi, per dare visibilità alla nostra comunità ho deciso di ricreare la bandiera italiana sugli spalti durante una partita - racconta Carbone -. Ho stampato magliette verdi, bianche e rosse per 250 persone, sedendoci insieme il colpo d’occhio è stato… patriottico”.

statue e targhe

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Qui un tempo allenava Christian Lattanzio, in passato nel coaching team di Roberto Mancini al City: è stato tecnico del Charlotte FC dal maggio 2022 a ottobre 2023 con tanto di storica qualificazione ai playoff. Non bastasse, l’opera d’arte più fotografata della città ha illustre mano italiana: “Il Grande Disco” di Arnaldo Pomodoro, genio appena scomparso, è una scultura in bronzo installata il 2 ottobre 1974, la più antica di Charlotte. La scorgi all'incrocio trafficato tra Trade Street e Tryon, vicino alla sede centrale della Bank of America: sempre lì, alla banca della città, si torna. E al pallone, sacro per gli italiani ancor di più quando lasciano casa. Ad esempio, Stefano Gaggero, genovese che vive a Charlotte da 13 anni, è talmente tifoso del Grifone da avere una targa dell’auto personalizzata con su scritto “GenoaFc”. Ha pure creato un podcast dal titolo che è tutto un programma: “Genoani si resta”, ospita tifosi del Genoa residenti in giro per il mondo. Per lui l’Inter arrivata fino alla North Carolina è solo un rumore di fondo, altri sentimenti, invece, prova Stefano Brigliadori, 59enne qui dal 2005. Lavora all’American Airlines all’aeroporto di Charlotte e anche lui ha una targa personalizzata: si legge “AcMilan filo con l'Italia". Gli interisti ci sono e pure parecchi: Antonello Divittorio è un 42enne originario di Mola di Bari, vive a Raleigh, 2 ore e mezza da Charlotte, ma in attesa della partita non si smuove dalla posizione conquistata di fronte all’hotel nerazzurro. “Porto sempre con me, mio figlio Francesco: è una fede di famiglia la nostra, è partita da mio nonno che tifava l’Inter di Herrera”, racconta adesso. Gian Marco Tamburi, che vive dal 2007 a Lenoir, ha invece il cuore diviso: è nato a Perugia, non può che avere nostalgia dello stadio Curi, ma nel suo caso c’è un’evidente simpatia interista. Ha studiato storia americana e insegna in un high school, non solo sui libri, ma anche su un campo: è un coach di football, altra grande passione.

Ma il calcio non lo dimentica di certo: “Per noi è molto di più di uno sport – continua Tamburi -, essendo fisicamente così lontani dall'Italia, questo gioco per la nostra comunità è un modo per rimanere culturalmente attaccati al nostro Paese. Quindi anche tramite partite viste insieme a tavola, sfottò e polemiche ci sentiamo come fossimo al bar di paese. Forse questo è l'unico pezzettino della nostra vita negli Usa che ancora è e rimane totalmente italiano e che ci teniamo per noi anche gelosamente”. Crescendo lo imparerà anche Emanuele, che pare però avere le idee chiare ed è pure piuttosto felice: mamma Luana lo ha portato fino al centro di allenamento e lì, sì, che la foto con Bastoni è finalmente scattata.

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