Il portavoce dell'Unifil: 'Siamo gli arbitri feriti, ma non ce ne andiamo'

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     "Siamo come un arbitro ferito che continua a fare il suo lavoro. Non vogliamo andare via, pensate a cosa accadrebbe in uno scenario come quello attuale se nel sud del Libano non ci fossero i caschi blu. Dobbiamo rimanere anche in vista del day after, quando finirà questa guerra". Così al Corriere della Sera il portavoce di Unifil Andrea Tenenti.

    "Più volte - aggiunge - si è andati vicini a una soluzione, anche di recente. Manca poco". Intanto il conflitto "peggiora. C'è molta più violenza, si combatte sempre più vicino alle nostre basi che alla fine vengono coinvolte negli attacchi".

    Quello di ieri "era semi deliberato. Con la nostra presenza creiamo problemi alle parti in conflitto, ma siamo lì per questo. Ecco perché Israele ci ha chiesto di andare via". 

    Dialogate anche con Hezbollah? "No, solo con Libano e Israele perché è con loro che è stato deciso il mandato della nostra missione. Il dialogo è continuo: vogliamo tornare alla stabilità nell'area che c'era prima del 7 ottobre scorso. Non è facile. Facciamo quello che possiamo con l'attuale risoluzione".

    Tenenti parla anche con Repubblica. Crosetto, gli viene detto, ha detto che l'Idf si fa scudo con le basi Unifil. "Non posso stare dietro a tutto quello che dichiarano i ministri dei cinquanta Paesi che partecipano a Unifil - risponde - Sin dall'inizio abbiamo osservato che i due eserciti sono schierati vicino alle nostre basi, dunque diventa quasi automatico che ci si facciano scudo con noi. E' importante che Hezbollah e gli israeliani ricordino che rispettare e proteggere i peacekeeper è un obbligo. Non farlo significa violare la risoluzione 1701 e il diritto umanitario internazionale". Le regole di ingaggio di Unifil sono adeguate "sono adeguate a questa situazione".
   

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