Tra rallentamento e rilancio, cosa dicono i risultati dei principali protagonisti del settore, che prevede segnali di ottimismo per 2026-2027
Il lusso mondiale rallenta ma non si ferma. Dopo anni di espansione continua, i colossi del settore hanno chiuso i primi nove mesi del 2025 tra segnali contrastanti: vendite in moderata crescita, performance differenziate per brand e aree geografiche, consumatori più selettivi, e una Cina che lentamente torna a respirare. Domani sarà il turno di Moncler, chiamata a confermare o smentire la tenuta del comparto in un contesto globale complesso, ma intanto il quadro generale parla di resilienza, aggiustamenti e ridefinizione delle strategie. Il gruppo Prada continua a essere tra i protagonisti più solidi del settore, archiviando i primi nove mesi del 2025 con ricavi netti per 4,07 miliardi di euro, in crescita del 9% anno su anno. Le vendite retail, pari a 3,6 miliardi (+9%), restano trainate dal full price e dal like-for-like.
Miu Miu conferma il suo ruolo di locomotiva, con un +41% nei nove mesi e +29% nel terzo trimestre, spinta da una direzione creativa che continua a definire le tendenze globali. Prada, più matura, mostra un lieve rallentamento (-1,6% nei nove mesi) ma mantiene una solidità strutturale, grazie a un mix bilanciato di categorie e una gestione attenta delle fasce di prezzo. Il presidente Patrizio Bertelli parla di “forza dei marchi e validità della strategia”, mentre l’ad Andrea Guerra sottolinea come il gruppo stia “raccogliendo i frutti degli investimenti su persone e retail”, puntando a consolidare la leadership creativa.
Come di consueto, Hermès si conferma in testa al comparto. La maison francese chiude il terzo trimestre con un +5% a cambi correnti (+10% a valuta costante) e ricavi a 3,9 miliardi, portando il totale dei nove mesi a 11,9 miliardi. La crescita resta trainata dalle borse iconiche, con la pelletteria a +8,1%, mentre il beauty e la seta rallentano. L’annuncio di Grace Wales Bonner come nuova direttrice creativa del menswear, dopo l’addio di Veronique Nichanian, alla guida del prêt-à-porter maschile per 37 anni, rappresenta una bella novità per una maison tradizionalmente prudente, segnale di una possibile evoluzione stilistica nel medio termine. Tra i giganti del lusso, Lvmh è quello che più ha sorpreso in positivo. Il gruppo guidato da Bernard Arnault ha superato le attese del mercato, mettendo a segno un +1% a cambi costanti nel terzo trimestre, contro previsioni di calo, per un fatturato di 18,3 miliardi di euro.
La divisione Fashion & Leather Goods, seppur in calo dell’8% nei nove mesi, mostra un miglioramento nel terzo trimestre (-2% a cambi costanti), segnale di stabilizzazione dopo mesi di rallentamento. A trainare la performance Louis Vuitton e Dior con Pharrell Williams e Jonathan Anderson che hanno dato nuova linfa creativa alle collezioni. Buona la performance anche di Bulgari e Tiffany, mentre la sezione Selective Retailing (tra cui Sephora in testa) cresce del 7% organico nel trimestre. Il mercato ha reagito con entusiasmo ai risultati, premiando la resilienza del leader globale del settore. Più complessa la situazione per Salvatore Ferragamo, che registra ricavi per 695 milioni di euro nei nove mesi, in calo del 6,6% a cambi correnti. Tuttavia, il terzo trimestre segna un punto di svolta con +1,7% a cambi costanti, trainato dal canale diretto al consumatore (Dtc), cresciuto del 4,4%. L’azienda fiorentina, impegnata in un profondo processo di riorganizzazione, punta a una stabilizzazione entro il 2026. Il consigliere esecutivo Ernesto Greco si dice “moderatamente ottimista” e non prevede ulteriori aumenti di prezzo, a meno di nuovi shock valutari.
Kering rimane il fanalino di coda del settore, ma con segnali di miglioramento. Il gruppo ha chiuso il terzo trimestre con ricavi a 3,4 miliardi, in calo del 10% (-5% comparabile), ma in netta ripresa rispetto al trimestre precedente (-15%). Gucci resta il nodo più delicato: -18% (-14% comparabile), in attesa che la nuova era creativa di Demna riporti slancio. In controtendenza Bottega Veneta (+3% comparabile) e le maison di gioielleria come Pomellato e Boucheron, che crescono a doppia cifra. “È un miglioramento, ma siamo ancora sotto il livello del mercato” ha ammesso il ceo Luca de Meo, che promette “una trasformazione profonda” per riportare il gruppo “al prestigio che merita”.
Secondo i dati di Assomoda–Confcommercio e Sita-Pambianco, il mercato fashion italiano vale oggi circa 12 miliardi di euro, ancora -8,1% rispetto al 2019, ma con segnali di ottimismo per il 2026-2027, quando è attesa un’inversione di tendenza. I millennial si confermano il segmento più dinamico, con una spesa media annua di 750 euro. Il focus dei consumatori torna su qualità, artigianalità e Made in Italy, valori che potrebbero favorire i brand più coerenti con la propria identità, penalizzando chi insegue il lusso “stagionale”.
Gli occhi ora sono su Moncler, che domani comunicherà i risultati del terzo trimestre. Dopo un 2024 brillante, il successo della nuova campagna ‘Warmer Together’ con Al Pacino e Robert De Niro, l’inaugurazione dell'headquarter milanese e la continua espansione del marchio Stone Island, gli analisti si aspettano dati solidi ma meno euforici, in linea con la fase di ‘normalizzazione’ del lusso che attraversa il mercato globale. Se i segnali positivi di Prada, Hermès e Lvmh troveranno conferma, il comparto potrebbe chiudere il 2025 con una crescita complessiva a una cifra medio-bassa ma con una base strutturalmente più sana, in cui la creatività torna a essere il vero differenziale competitivo.











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