Il calcio ai tempi della sabbia

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Riva andava a Grado per le sabbiature, ora d'estate si gioca e i giocatori non hanno la personalità di categoria per fermare la giostra

Luigi Garlando

Giornalista

2 luglio - 07:28 - MILANO

Nelle estati degli anni Settanta, i calciatori perdevano regolarmente la parte inferiore del corpo, come le sirene. Perché le gambe finivano sotto la sabbia. Soprattutto a Grado che ha le spiagge esposte a sud, sempre al sole, una sabbia ricca di minerali e una tradizione che risale agli antichi romani. Le sabbiature a Grado: era un classico del calcio antico. Gigi Riva, per esempio, ci andava sempre. Il suo torace di quercia emergeva dalla sabbia. Si divertiva anche: feste notturne, giocava a tennis nel campeggio di Aquileia, cene di pesce… Ma, intanto, con molti colleghi, sacrificava ore di vacanza per insabbiare le caviglie scolpite durante la stagione dagli stopper e per curare le articolazioni con la sabbia calda delle spiagge. Era un atto d’amore e di gratitudine per le proprie gambe, arnesi del mestiere, strumenti di gloria; ma, in fondo, anche un atto di rispetto per la professione e per il pubblico che avrebbe ritrovato i suoi eroi nella condizione migliore. 

agenti di se stessi

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Cos’è rimasto di quell’amore e di quel rispetto? Nei giorni delle sabbiature ora si disputa un Mondiale. I giocatori impennano verso il cielo, come minareti, gambe piene di crampi. Tanti s’infortunano. Klopp ha lanciato l’allarme. Come ritorneranno in campo dopo essere passati da Formentera e Ibiza? Oggi non ci sono i Rivera, i Platini, i Vialli, personalità forti che, con una coscienza di categoria, forse avrebbero provato a rallentare la giostra. Sta bene a tutti che giri al massimo. Messi e CR7 sono i migliori agenti di se stessi. Un tempo i calciatori infilavano le gambe sotto la sabbia, ora solo la testa.

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