Un tacchino in fuga segna l’esordio pubblicitario di Veo 3, ma per l’azienda il focus resta sull’emozione, non sulla tecnologia
Dopo mesi in cui le piattaforme digitali sono state invase da spot creati con strumenti come Veo 3 di Google e Sora di OpenAI, anche il colosso di Mountain View entra ufficialmente in scena con la sua prima campagna realizzata interamente grazie all’intelligenza artificiale. Lo fa con una storia ironica e un po’ tenera: un tacchino che, usando la modalità AI di Google Search, scappa dalla fattoria per rifugiarsi in un luogo dove il Giorno del Ringraziamento non esiste.
Lo spot, in onda negli States da oggi in TV e al cinema e da sabato anche sui social e sui canali digitali, fa parte della campagna “Just Ask Google”, pensata per mostrare come le nuove funzioni di ricerca basate sull’intelligenza artificiale possano essere accessibili e familiari, persino a chi guarda alla tecnologia con diffidenza. A dicembre arriverà anche un seguito in versione natalizia.
Dietro al progetto c’è il team di Google Creative Lab, diretto da Robert Wong, che spiega come l’idea sia nata prima ancora di scegliere gli strumenti di produzione. "Volevamo qualcosa che evocasse la nostalgia delle animazioni di fine anni ’80 e ’90, quei classici special natalizi che tutti ricordiamo. Solo in un secondo momento abbiamo deciso di realizzarlo con Veo 3 e altri strumenti AI", ha raccontato Wong al Wall Street Journal.
Curiosamente, Google ha scelto di non evidenziare che lo spot è stato generato con Veo 3. "Oggi nel marketing sembra che molti siano ubriachi di AI, la usano solo per poter dire di averla usata. Ma il pubblico non si chiede se un annuncio è stato fatto con l’intelligenza artificiale, si chiede se lo emoziona", spiega Wong.
La scelta segna una differenza rispetto ad altri brand come Toys “R” Us o Coca-Cola, le cui campagne AI avevano suscitato critiche per i volti digitali dall’aspetto quasi umano ma non del tutto realistico — l’effetto “uncanny valley” che rende l’immagine disturbante. Google, al contrario, ha preferito un approccio più morbido: niente persone generate artificialmente, ma un protagonista animato dal tono giocoso e familiare.
Secondo Wong, la tecnologia è utile soprattutto nella fase di prototipazione. "Usiamo Veo per sviluppare le prime versioni degli spot, ma poi intervengono registi, attori e produttori per realizzare la versione finale. L’AI è un aiuto creativo, non un sostituto", chiarisce.
Per Marvin Chow, vicepresidente marketing di Google AI e DeepMind, l’obiettivo è integrare l’intelligenza artificiale nel quotidiano, senza renderla protagonista assoluta. "Molte persone sono ancora spaventate dall’AI. Mostrare che può essere usata in modo leggero, per raccontare una storia divertente o familiare, è il modo migliore per farla entrare nella vita di tutti i giorni", afferma.
Google non intende sostituire l’intera produzione pubblicitaria con l’AI, ma Wong riconosce che il suo impiego diventerà presto normale, come accadde con Photoshop. "Ci saranno sempre cattive pubblicità, con o senza AI. La differenza la fanno le persone dietro gli annunci. L’unico antidoto alla banalità resta la creatività umana", conclude.












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