Parla Khaty Seck, ex sprinter e madre del campione del mondo del lungo: "Metteva velocità in tutto: dal latte ai primi passi. Quando ho smesso di allattarlo, a 15 mesi, senza usare il biberon è passato subito alla tazza."
dal nostro inviato Andrea Buongiovanni
18 settembre - 10:59 - TOKYO
È dolce la notte a Casa Italia. Soprattutto quando c’è da celebrare un oro come quello di Mattia Furlani. Oro che, in parte, è della mamma allenatrice Khaty Seck, 55enne ex sprinter di origini senegalesi. E, in parte, dell’intera famiglia, una famiglia di super sportivi. Di papà Marcello, saltatore in alto da 2.27 nel 1985, a sua volta a Tokyo, della sorella 29enne Erika Furlani, nell’alto argento mondiale under 18 a Donesk 2013 e bronzo europeo under 23 a Bydgoszcz 2017 con un personale di 1.94 e del fratello Luca, ex saltatore in lungo e calciatore. A metà novembre si aggiungerà Nicolò, primogenito di Erika: "Lo vizierò e lo porterò in pista", garantisce Mattia.
Khaty, come festeggerà?
"Mi farò una bella dormita e poi, fino al 20 ottobre, starò in vacanza. Di misure non voglio più sentirne parlare".
Come ha fatto, in finale, a portare Mattia sui giusti binari?
"Quando è in gara è irruento, tende a strafare, a lasciar andare l’istinto. Invece, serve autocontrollo e la pazienza che non ha. Ma è un professionista del lungo solo da questa stagione".

E quindi?
"Gli ho fatto registrare la ritmica, imponendogli di rispettare i tempi nell’accelerazione della fase finale della rincorsa. Perdeva velocità, mi ha dato retta ed è uscito un 8.39, pur imperfetto".
Che ruolo ha durante le gare?
"Ho il controllo, sono la guida. L’atleta ha l’adrenalina, tanti pensieri da inseguire. Mattia, poi, deve capire che non può sempre ottenere tutto e subito".
È sempre stato così?
"Mette foga in tutto quel che fa. Quando ho smesso di allattarlo, a 15 mesi, senza usare il biberon, è passato subito alla tazza. Non gattonava, correva. Il pannolino lo usava solo di giorno e in bagno, di notte, è andato presto da solo. Sarà che è il terzo figlio...".
È un predestinato?
"A 5 anni lo abbiamo portato al Golden Gala, a Roma. Sugli spalti dell’Olimpico ci ha detto: 'Da grande voglio fare l’atleta'".
E com’è andata?
"Amava l’alto, seguiva Erika, ma era troppo preso dall’atletica. Così, per un giusto sviluppo cognitivo e di coordinazione, gli abbiamo fatto provare anche il basket. Ha giocato per 5 anni".
E il lungo?
"Odiava la sabbia, non gli piace sporcarsi. Ma riusciva in ambo le specialità. Dopo il doppio oro europeo under 18 di Gerusalemme 2022 s’è imposta una scelta. L’8.04 in lungo l’ha fatto maturare spontaneamente".
Due anni dopo era già bronzo olimpico.
"Con una rincorsa da principiante, a 16 passi. Con l’inizio del nuovo quadriennio, pensando già a Los Angeles 2028, ci siamo messi a far le cose sul serio".
Cosa gli ha detto prima della gara?
"Una cosa che una madre non dovrebbe mai dire a un figlio: 'Oggi devi essere un killer'".
Pare molto legato ai fratelli.
"Mi dicono che sono belli, che sono educati. Bene. Ma quando aggiungono che sono molto uniti, mi sciolgo. È la verità".

Vivete insieme?
"Ha un suo appartamento dentro casa, dove sta con gli amici e con Giulia, la fidanzata velocista. Ma io cucino e faccio andare lavatrice e asciugatrice".
Dove arriverà?
"Perché porre dei limiti?".