Festa del Cinema di Roma, Gregorio Mattiocco: "Mi autoproduco perché non credo più nei grandi"

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Regista presenta corto 'Piccolo Attila', 'come protagonista sono un piccolo che sta cercando di diventare grande'

Gregorio Mattiocco Gregorio Mattiocco

21 ottobre 2024 | 19.19

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Gregorio Mattiocco, classe 1998, ha già le idee chiare: “Io sono uno scomodo e faccio cinema per raccontare un mondo di cose attraverso le immagini”, dice nell’intervista all’Adnkronos. Ad 'Alice nella Città', sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema, presenta il cortometraggio ‘Piccolo Attila’: “Non definitelo un corto sul calcio”, ma “una storia tra fratelli, un sentimento universale. Proprio per questo ho sentito la necessità di uno spazio domestico, claustrofobico, sotterraneo, dove i due fratelli potessero abitare e vivere la loro intimità”.

I protagonisti della storia sono Armando, un bambino di 13 anni, che vive nel riflesso dell’emulazione di suo fratello maggiore, tifoso ultrà sfegatato. “Come il protagonista di questa storia anche io sono un piccolo che sta cercando di diventare grande con estrema determinazione”, dice Gregorio, che prova una forte disillusione verso il mondo dei grandi: “gli adulti devono imparare tutto dalle nuove generazioni. Sento dire spesso ‘spazio ai giovani’ e poi trovi un muro: mi sono cucito a mano questo corto e l’ho autoprodotto con la mia casa di produzione perché non credo più a quelle vecchie generazioni”. Romano, verace e con la fame di prendere a morsi il mondo, Gregorio non è spaventato dal futuro: “ogni giorno è una sfida e l’affronto con il sorriso. Mi piacerebbe avere un’attenzione sia sulla moda sia sulla pubblicità a Milano, dove lavoro e dove c’è più possibilità di sperimentare perché ci sono più soldi. E tornare a Roma per fare progetti più narrativi. Voglio creare un ponte tra le due realtà”.

Per Gregorio oggi c’è spazio per i giovani “perché siamo abituati a vedere orizzonti più larghi dell’industria del cinema e poi siamo costantemente connesse con il mondo. Gli spazi ci sono - prosegue - ci risultano invisibili perché quando andiamo a bussare alle istituzioni troviamo vecchie generazioni che non sono capaci di innovarsi e comunicare con noi”. Dal regista un appello ai colleghi: “non fossilizzatevi sulle dinamiche burocratiche o finanziarie”. Con questo “non dico che il cinema sia solo business, l’arte c’è. Noto che spesso vediamo sul grande schermo film che sembrano operazioni finanziare. Io preferisco alzarmi la mattina, andare a lavorare e investire i miei soldi anche con la paura di pensare che non mi ritorneranno in tasca”, sottolinea Gregorio, che sogna di “non smettere mai di essere curioso, è il motore della nostra creatività. La mia voce non l’ho ancora trovata e spero di non trovarla mai altrimenti il nostro lavoro è finito”, conclude.

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