I dubbi espressi da Andrea Delmastro sulla riforma della Giustizia tornano a sollevare alcune questioni legate alla separazione delle carriere dei magistrati. Aspetti forse non del tutto digeriti nella maggioranza, ma che il governo sembrava avere ormai messo da parte. Il nodo alla base dei dubbi che il sottosegretario alla Giustizia muove sul provvedimento è lo sdoppiamento del Csm e l'aumento di potere del pubblico ministero, che con il nuovo assetto "prima di divorare i politici, andrà a divorare i giudici".
Perciò, secondo Delmastro, per evitare questi rischi si può ipotizzare di portare "il pm sotto l'Esecutivo, come avviene in tanti Paesi, oppure gli si toglie il potere di impulso sulle indagini". Entrambe le ipotesi - che rappresentano i timori più grandi manifestati dall'Associazione nazionale dei magistrati - sono state però categoricamente escluse dal Guardasigilli Carlo Nordio. Nonostante tutto l'idea di sottrarre la guida della polizia giudiziaria ai pubblici ministeri era trapelata fino a qualche giorno fa, alla vigilia dell'incontro dell'Anm a Palazzo Chigi con la premier Meloni e i vertici dell'Esecutivo: anche in quella occasione il governo aveva ribadito alle toghe la sua intenzione di non adottare questo tipo di misura.
Il caso però non è ancora del tutto chiuso e le dichiarazioni di queste ore mettono in luce divergenze che finora erano sotto traccia: "Dare ai pubblici ministeri un proprio Csm è un errore strategico che, per eterogenesi dei fini, si rivolterà contro. I pm, prima di divorare i politici, andranno a divorare i giudici", sostiene a sorpresa il sottosegretario in quota FdI riferendosi al disegno di legge costituzionale diventato uno dei simboli di questo governo. La 'madre di tutte le riforme' (così l'ha definita il governo), prevede la nascita di un secondo Consiglio superiore della magistratura, dunque due distinti Csm: uno soltanto per i giudici e l'altro per i pubblici ministeri. Inoltre i Csm non si occuperebbero più delle questioni disciplinari, che sarebbero affidate al nuovo organo dell'Alta corte.
Ma perché si parla del rischio di un pm più potente? Innanzitutto il nuovo ruolo assegnatogli ne fa un organo il cui unico obiettivo è di sostenere esclusivamente l'accusa. Inoltre - anche secondo la stessa Anm - ci sarà un diverso posizionamento: all'interno del proprio Csm i pubblici ministeri si ritroverebbero in numero uguale rispetto a quello dei giudici mentre attualmente i pm nel Consiglio sono in proporzione nettamente inferiore ai giudici (ce ne sono cinque a fronte di quindici giudici). Per le toghe il rischio è pure di creare due organi istituzionali di autogoverno autoreferenziali abbandonando la composizione unitaria, con il pm che - slegato da un unico Consiglio - acquisirebbe appunto un proprio potere.
Delmastro, attraverso le sue dichiarazioni, appare poco convinto anche sull'altro punto fondamentale del ddl costituzionale: l'istituzione di un'Alta corte, nuovo organo sotto cui finirebbero le decisioni su sanzioni disciplinari, illeciti e impugnazioni. Secondo l'Anm è un elemento "discriminatorio" il fatto che al momento quest'ultimo provvedimento sia riservato esclusivamente alla magistratura ordinaria. E lo stesso sottosegretario si manifesta indirettamente scettico. Parlando in generale della riforma, Delmastro salva solo uno dei tre capisaldi della riforma, ovvero l'estrazione a sorte dei componenti del Csm: "L'unica cosa figa è il sorteggio, basta".
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