Denti di balena, colpi di stato e conti in rosso: i tour europei delle Figi, dove il rugby è religione

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A Twickenham contro l'Inghilterra. I "figiani volanti" giocavano scalzi, ora sfidano il meglio del rugby mondiale e sono noni nel ranking. E si sono guadagnati il rispetto sul campo dopo mille avventure

Francesco Palma

7 novembre - 16:54 - MILANO

Se c’è una cosa che le Figi insegnano, non solo nel rugby, è guardare le cose da un punto di vista diverso, fin dalla geografia: 332 isole sparse nel Pacifico, di cui 106 abitate. Da lì, tutto è imprevedibile: il ritmo della storia, la politica, la vita. Ma c’è una cosa che, da più di cent’anni, nelle Figi non cambia: una palla ovale che rimbalza. A volte sulla sabbia, a volte sull’erba alta, a volte – narra la leggenda – su campi improvvisati con un albero in mezzo, come in una delle prime partite contro Samoa nel 1924, giocata a piedi nudi con le radici che spuntavano dal terreno. Vinsero le Figi 6-0. Per decenni, nell’immaginario comune le Figi sono rimaste a metà tra la squadra imprevedibile e bella da vedere che mette paura alle grandi e quell’aspetto folcloristico che a volte ha tolto loro un po’ di credibilità: ma di certo non per colpa loro. Basterebbe solo liberarsi di qualche pregiudizio: “Non siamo venuti per fare colore. Siamo venuti per competere” disse coach Ilivasi Tabua alla vigilia del Mondiale 2007. Oggi le cose stanno cambiando: nonostante i problemi economici rimangano le Figi hanno una loro squadra professionistica – i Fijian Drua, che giocano il Super Rugby con le squadre neozelandesi e australiane – e tanti giocatori sparsi in grandi club in giro per l’Europa: Vilimoni Botitu a Castres, il gigantesco Luke Tagi a Bayonne, Selestino Ravutaumada al Racing 92. E poi c’è il Rugby a 7, presente da 3 Olimpiadi: 2 ori e un argento. I Flying Fijians, i figiani volanti, non hanno intenzione di fermarsi.

rugby come religione

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Vilimoni Delasau, ala e autore di una meta iconica contro il Galles nello storico successo del 2007, descrisse perfettamente il significato di questo sport per il suo Paese: “Per noi il rugby non è intrattenimento. È identità. È dire: eccoci, esistiamo”. Il rugby, da quelle parti, è una religione: ciò che resta anche quando tutto il resto cambia. L’arcipelago ha attraversato colonizzazioni, indipendenza, monarchia, repubblica, quattro colpi di stato dal 1987 a oggi, governi che si alternano sotto lo sguardo fisso e giudicante degli osservatori internazionali. Secondo gli ultimi dati dell’Asian Development Bank il 24,1% della popolazione vive sotto la soglia della povertà, la televisione è arrivata solo negli anni ’90: e la prima cosa che ha trasmesso, ovviamente, sono stati i Mondiali di rugby, anche quando le Figi non partecipavano. Rusiate Nasove, che gioca in Italia e che ha avuto anche lui una storia di caduta e riscatto, ritornando in campo – anche a livelli importanti con Zebre e Valorugby – dopo una rissa coi Carabinieri che gli costò 18 mesi di lavori sociali, descrisse bene il contesto: “La vita sull’isola è dura. Se non sei bravo a scuola il tuo destino è fare il contadino”. Nell’ultimo Mondiale le Figi hanno raggiunto i quarti di finale battendo l’Australia nel girone, l’anno scorso hanno invece battuto il Galles, e in questo tour europeo contro Inghilterra e Francia gli isolani possono portare a casa altri scalpi importanti. Anche perché quando le Figi arrivano in Europa succede sempre qualcosa.

il tour del dente di balena

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Non è stato facile raggiungere questa credibilità: nel 1964 le Figi organizzarono il primo grande tour europeo. Il Galles snobbò l’impegno, giocando la partita come “Galles XV” e non considerandola quindi una partita ufficiale. I gallesi si resero subito conto di aver pestato un granchio gigantesco. Prima di tutto, i figiani consegnarono al presidente del Cardiff Club una collana ornamentale chiusa da un dente di balena, un dono sacro nella loro cultura. “Il gesto più commovente della mia vita rugbistica” dirà poi il dirigente. La “Cibi”, la danza di guerra che i figiani eseguono prima di ogni partita, lasciò annichilito il pubblico dell’Arms Park. Il Galles vinse solo 28-22 pur giocando gran parte del match in superiorità numerica (una costante: se c’è un difetto che i figiani hanno sempre avuto e non hanno ancora risolto, è quello dei i cartellini) e il giornalista John Reed scrisse: “È il più grande spettacolo di rugby d’attacco mai visto a Cardiff in vita mia”. Molti anni dopo un altro gallese – Mark Evans, amministratore delegato dei già citati Fijian Drua – disse: “Non ho mai visto un Paese così pazzo per il rugby. La metà delle Figi guarda ogni nostra partita”.

mondiali e colpi di stato

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 Nel destino delle Figi c’è l’Europa, e soprattutto il Galles. È il 2007 e l’arcipelago sta attraversando l’ennesimo ribaltamento politico. Nel dicembre 2006 le forze armate delle Figi, guidate dal comandante Frank Bainimarama, rovesciarono il governo eletto del Primo ministro Laisenia Qarase. Il colpo di stato avvenne dopo mesi di tensioni su alcune riforme considerate favorevoli agli indigeni e discriminatorie verso gli indo-figiani. Il Parlamento venne sciolto e si insediò un governo ad interim guidato dallo stesso Bainimarama, tra minacce di sanzioni da parte di Nuova Zelanda e Australia e una netta presa di posizione del Commonwealth. Tre anni dopo, nel 2009, la Corte d’Appello delle Figi dichiarò incostituzionale quel colpo di stato. In tutto questo, nel settembre del 2007 la Nazionale figiana andò a giocarsi il Mondiale in Francia: era l’ultima partita del girone, l’avversario era il Galles e la situazione era tutto fuorché tranquilla. Eppure quel giorno il Paese si fermò: esisteva solo il rugby. A Nantes le Figi fecero l’impresa battendo 38-34 il Galles e sbattendolo fuori dal Mondiale, qualificandosi per la prima volta ai quarti di finale. Graham Dewes, autore della meta decisiva, disse: “Oggi non rappresentavamo solo una squadra. La nostra gente sta vivendo tempi difficili, questa vittoria è per loro”. Seremaia Bai aggiunse: “Molti ragazzi in squadra hanno familiari coinvolti direttamente nelle tensioni politiche, ma quando indossi questa maglia sei solo figiano: tutto il resto rimane fuori”.

carte di credito bloccate

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Non è stato sempre tutto rose e fiori insomma. E anche il 2024 delle Figi è stato particolarmente ricco di saliscendi: la prima trasferta europea si è rivelata particolarmente problematica. Gli isolani sono arrivati a metà giugno a Londra per giocare la sfida contro il dream team dei Barbarians, salvo poi accorgersi che la carta di credito della Federazione non aveva soldi a sufficienza per continuare il tour, che sarebbe proseguito in Georgia e poi negli USA. Dopo la buona partita coi Barbarians (sconfitta per 45-32) le Figi sarebbero dovute partire per la Georgia per sfidare i Lelos, ma la Federazione ha scoperto di non avere abbastanza soldi per il viaggio: la tour manager Elena McDonald è rimasta bloccata a Londra perché non c’erano abbastanza fondi e per cercare di risolvere il problema, visto che anche alcuni giocatori erano stati costretti a lasciare i bagagli in Inghilterra. Nonostante la situazione surreale, i figiani giocarono bene e vinsero 21-12 contro la sempre ostica Georgia, ma al momento di prendere il volo per San Diego per sfidare gli All Blacks il 19 luglio la situazione esplose. I giocatori non erano ancora stati pagati per quelle partite, e in particolare Temo Mayanavanua, Eroni Mawi e Peniaisi Dakuwaqa non avevano visto un soldo dall’inizio della trasferta. I giocatori pretesero che i soldi arrivassero entro il giorno di chiusura degli uffici (16 luglio, 3 giorni prima della partita) altrimenti non sarebbero scesi in campo contro gli All Blacks. Alla fine il problema venne risolto soltanto dopo, ma l’amore per maglia prevalse e i figiani giocarono comunque con la Nuova Zelanda, pur perdendo 47-5. I tour europei delle Figi sono così: può succedere di tutto nel bene e nel male. Così fu anche a novembre, quando World Rugby organizzò un test con la Scozia fuori dalla finestra internazionale, con i figiani che quindi non potevano usare i giocatori impegnati in Europa: fu un disastro, con gli scozzesi che dominarono 57-17 contro una formazione isolana molto sperimentale. La settimana dopo, però, con le Figi al completo fu tutta un’altra storia: altra impresa, ancora a Cardiff, 24-19 al Galles pur con il solito uomo in meno dal 21’, a coronamento di un 2024 assurdo ma che alla fine ha regalato la soddisfazione più bella. Perché nonostante tutti i problemi ormai le Figi hanno piantato la loro bandierina sulla carta geografica del rugby, e non la toglieranno più.

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