L'azienda svedese chiede il concordato negli Usa. Ha una sola fabbrica attiva in Europa. Il più grande impianto nel Vecchio continente è sudcoreano
Giornalista
23 novembre - 12:17 - MILANO
La richiesta di bancarotta assistita è negli Stati Uniti ma le conseguenze peggiori sono in Europa. La svedese Northvolt, costruttore di batterie per auto elettriche, ha chiesto di essere ammessa al Chapter 11, un equivalente Usa del concordato preventivo. Si è anche dimesso l'amministratore delegato Peter Carlsson. Dal 2016 la start-up ha raccolto qualcosa come 15 miliardi di euro con anche Volkswagen e Goldman Sachs tra gli azionisti. "Avrei dovuto spingere sul freno dell'espansione prima per assicurarmi che tutto si muoveva in linea con i piani", ha ammesso Carlsson. L'ex ad, attualmente uno dei maggiori azionisti della società, resterà nel consiglio di amministrazione e avrà il ruolo di consigliere esterno
Servono altri soldi
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Nella richiesta di bancarotta negli Stati Uniti Northvolt ha dichiarato 5,8 miliardi di debiti. Il crollo, secondo quanto hanno riferito alcuni dipendenti al Financial Times, è legato alla cattiva gestione, alle spese esagerate, ai bassi standard di sicurezza e all'eccessiva dipendenza dai macchinari cinesi. Lo scorso giugno Northvolt ha perso un contratto con Bmw da 2,1 miliardi di euro. L'azienda svedese ha detto di avere ora bisogno di circa 1-1,2 miliardi di dollari di nuovi fondi per effettuare la ristrutturazione grazie agli strumenti offerti dal Chapter 11 e l'auspicio è di terminare l'operazione entro marzo.
la situazione in Europa
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Ad oggi in Europa è attiva una sola fabbrica di Northvolt in Svezia a Skelleftea. Secondo i calcoli fatti da Reuters ha una capacità di 16 Gigawatt per ora mentre era pianificata la fabbrica di Heide in Germania (capacità nominale di 60 gW) ed è rimandata la messa in opera di quella di Goteborg sempre in Svezia (50 gW). Di fatto le attuali fabbriche di batterie auto più grandi per volumi in Europa attualmente attive sono quelle della sudcoreana LG in Polonia a Wroclaw (86 gW) e, fuori dai confini dell'Unione europea, la norvegese Morrow con il suo impianto ad Arendal da 32 gW. Acc, la joint venture tra Stellantis, Mercedes e Total ha avviato un solo impianto a Douvrin in Francia con una capacità di 13 gW mentre il destino di quello di Termoli rimane incerto. C'è poi l'impianto di Tesla in Germania a Grunheide con una capacità di 50 gW. Le auto del costruttore statunitense però utilizzavano celle delle cinesi Byd e Catl ma anche, sfruttando gli effetti benefici dello statunitense Inflaction reduction act, le celle costruite negli Usa. Secondo quando riportato dall'agenzia internazionale per l'energia proprio le aziende cinesi controllano l'85% della produzione mondiale delle celle delle batterie. In questo momento, sempre stando ai calcoli fatti da Reuters, sono 15 le nuove fabbriche di batterie solo pianificate in Europa, mentre altre otto non sono in produzione per via di ritardi di varia natura. Inoltre ci sono tre impianti la cui costruzione era stata annunciata e poi cancellata.