Approvato il decreto Ucraina, resta l'aggettivo 'militari': tensione con la Lega

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Il consiglio dei ministri ha approvato il decreto che rinnova gli aiuti all'Ucraina. Una riunione lampo: il via libera non ha però spazzato le ruggini fra la Lega e le altre forze di maggioranza sul tema.

Dopo giorni di pressing sugli alleati, il vicepremier Matteo Salvini non ha partecipato all'incontro di Palazzo Chigi, anche se dal suo staff è stato spiegato che non è stato per motivi politici ma "personali". A smascherare il clima di gelo è stato un caso da settimana enigmistica: attraverso il senatore Claudio Borghi, in mattinata la Lega aveva gioito per la scomparsa dal titolo del decreto - solo dal titolo, non dal testo - del passaggio sulla cessione di "equipaggiamenti militari", che però è riapparso poche ore dopo, nell'ordine del giorno del consiglio dei ministri. Rimanendovi anche dopo l'approvazione.

"A qualcuno difetta lo stile", ha chiosato Borghi. Per il senatore Pd Filippo Sensi il batti e ribatti sul titolo è stato "un balletto osceno". E il segretario di Azione, Carlo Calenda: "Discutiamo sul titolo del decreto? Ma davvero?".

Ma è proprio sull'accento più o meno militarista del provvedimento che si è giocato il tira e molla all'interno del centrodestra. Secondo la ricostruzione di alcuni ambienti di governo, però, lo scontro sarebbe stato soprattutto di carta: la maggioranza, compresa la Lega di Salvini, avrebbe infatti trovato l'accordo sul decreto circa un mese fa e tutto il dibattito successivo sarebbe stato alimentato dal Carroccio sui media - si ragiona in ambienti qualificati di governo - per riaffermare l'immagine di anima anti bellicista, o meno bellicista, della coalizione. Insomma un circo mediatico - elettoralistico, si aggiunge.

Nella sostanza, però, il trascorrere dei giorni non avrebbe prodotto particolari cambiamenti e il provvedimento ha mantenuto l'ossatura che lo contraddistingue dal 2022. Il decreto contiene "aiuti militari, civili e infrastrutturali, come abbiamo sempre fatto", ha confermato il ministro degli Esteri e leader di Fi Antonio Tajani.

Negli stessi frangenti, la Lega faceva trapelare una lettura diversa, esprimendo "soddisfazione" per il fatto che nel decreto "si è data priorità agli strumenti difensivi, logistici e sanitari per aiutare la popolazione civile ucraina, piuttosto che ad altro". Cioè: piuttosto che alle armi. Uno sfasamento di prospettive che il senatore di Iv Enrico Borghi ha liquidato con una frase: "L'ipocrisia regna sovrana".

A confermare il clima agitato, anche all'interno delle forze politiche, è arrivato il commento dell'europarlamentare leghista Roberto Vannacci che, a differenza di buona parte del suo partito, non ha esultato: "A parte le acrobazie lessicali, si continua a garantire la prosecuzione di una guerra persa e l'elargizione di risorse belliche". Malgrado le distanze e le tensioni, le dichiarazioni dei big sono state comunque concilianti.

Parlando con i giornalisti, Tajani ha negato che l'assenza di Salvini dal consiglio dei ministri sia stata polemica: "C'era Giorgetti - ha fatto notare il leader di Fi - c'erano i ministri della Lega" e loro quel decreto "lo hanno approvato…". Oltre a Salvini, sempre per "motivi personali", era assente anche il ministro della difesa Guido Crosetto (FdI). Nella sostanza, il provvedimento è in linea con quelli che in questi quattro anni hanno permesso all'Italia di inviare dodici pacchetti di rifornimenti a Kiev.

Lo conferma il titolo del decreto arrivato in consiglio dei ministri: "Disposizioni urgenti per la proroga dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell'Ucraina". Il testo contiene anche norme che garantiscano il "rinnovo dei permessi di soggiorno in possesso di cittadini ucraini" e "la sicurezza dei giornalisti freelance" in territorio di guerra.

Nella sostanziale assenza di commenti delle forze di centrosinistra, si sono fatte sentire quelle centriste: "Il sostegno a Kiev appare formalmente immutato - ha detto Daniela Ruffino, di Azione - ma lo scontro politico che lo ha preceduto ne hanno sostanzialmente ridimensionato il significato politico". Anche per il segretario di Più Europa, Riccardo Magi, "il sostegno dell'Italia all'Ucraina si fa sempre più debole". 

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