La sfida contro il City passa soprattutto dalla zona nevralgica del campo
Musica, maestri: perché ora che è certificato, si chiamano i Fab Four, viene naturale sentir la melodia del palleggio, in una squadra nata per stupire anche a un centinaio di chilometri dal Cavern club. Manchester (l’Etihad) è casa De Bruyne, mentre Old Trafford è il salotto buono di McTominay (e pure di Hojlund): c’è il profumo del passato, in questa notte da affrontare a petto in fuori, e c’è pure la storia che sfila tra le tenebre e l’ansia d’una sfida che rappresenta un nuovo inizio. Il Napoli è (sembra) fatto, riparte dalle sue fresche certezze, da quella natura sulla quale Conte, in ritiro, è intervenuto e ha plasmato ad immagine e somiglianza degli interpreti, quattro intoccabili pure per lui: e così, nasce questo complesso che rapisce, dirige Lobotka in mezzo al campo, intorno al quale poi si esibisce Anguissa con il suo atletismo, De Bruyne con la sua sontuosa eleganza e McTominay con la possente saggezza che è servita per farne dodici, di gol, e spingersi sino allo scudetto di maggio.
talento
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Il tridente, il calcio che sa di Napoli e viceversa, è stato adagiato a bordo campo durante quel mese tra Dimaro-Folgarida e Castel di Sangro in cui Conte ha capito e deciso che al bello non c’è mai fine e che rinunciare al talento non si può, anzi non si deve, ma che servono pure muscoli di acciaio per poterlo sostenere: senza Anguissa, sarebbe venuto anche semplice disegnare un centrocampo che sostenesse poi due esterni offensivi e un centravanti, ma quanta energia avrebbe perduto il Napoli?
anche i gol
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Gli dei non si distraggono quasi mai: a Reggio Emilia, alla prima, gol di McTominay e De Bruyne; contro il Cagliari, la zampata di Anguissa nel finale, all’ultimo respiro, dopo un’azione ispirata da Lobotka e a Firenze, di nuovo KDB (dal dischetto) e un graffio, quello di Beukema, scatenato dalla ingordigia di Anguissa.
fusione magica
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C’è un cocktail che stordisce in quel palleggio, nella capacità di correre liberamente negli spazi, di attaccarli o o coprirli, ed è la fusione magica che è venuta fuori mettendo assieme la materia grigia di Lobotka, De Bruyne, Anguissa e McTominay, atletismo allo stato puro che viene alimentato da una intelligenza naturale abbagliante: il Napoli sa cosa vuole e come prenderselo, ha una autorevolezza che viene spalmata in lungo e in largo, soffre poco (quasi niente) e crea tanto, dentro equilibri che ha dovuto concedersi, istruendosi nell’estate vissuta nel personale laboratorio. De Bruyne è il tocco di classe in più che è andato ad arricchire un centrocampo nato da molto lontano, dal 2020, gennaio, quando atterra Lobotka a Castel Volturno che però deve aspettare Spalletti per prendersi il Napoli. Anguissa è il centrocampista che dà ritmo dal 2021, l’affarone (500mila euro per il prestito, poi 14 per il riscatto) andando a pescare nei mercatini dell’usato di Londra, zona Fulham, dopo che Marsiglia e anche Villarreal, distratti, l’avevano trascurato. Ma McTominay e poi KDB rientrano nelle competenze e nelle scelte coraggiose di Giovanni Manna, il diesse, che nell’avviamento del ciclo di Conte è intervenuto in modo deciso, quasi in tackle, andandosene a fare due giri a Manchester e prendendosi il calcio, quello vero. Con i Fab Four si può.