America's Cup 2027: New Zealand vorrebbe scegliere Atene. L'alternativa? Napoli

2 giorni fa 1

Dietro alla proposta fatta ai neozelandesi c’è Prokopiou, ricchissimo armatore greco. L'ipotesi italiana resta però al momento difficilmente praticabile 

Maurizio Bertera

6 aprile - 19:36 - MILANO

L’unica certezza sulla prossima America’s Cup – teoricamente prevista per il 2027 - è che il detentore Team New Zealand si è impegnato a comunicarne la sede entro i prossimi tre mesi. Sono pochissimi e difatti traspare un indubbio nervosismo dalle parti di Auckland. Un comunicato stampa ha ufficializzato la rottura tra il team di Grant Dalton e il Governo di Wellington, che stando a toni e contenuti, appare totalmente insanabile. “Ci sarebbe voluta una combinazione di sostegno privato e aiuti dal governo locale e da quello centrale per realizzare l’obiettivo, senza per questo andare a discapito del finanziamento di altre priorità nel difficile clima economico attuale. Apprendiamo però, con delusione che il Ministero degli Affari Economici e il Governo centrale hanno deciso di non sostenere la 38a America’s Cup. Sebbene i significativi vantaggi economici derivanti dall’ospitare grandi eventi del genere siano ampiamente dimostrati, comprendiamo che ci sono altre priorità per il governo neozelandese in questo momento” si legge nella nota diffusa da Team New Zealand. Pare proprio l’epitaffio alla possibile difesa nelle acque di Auckland, che peraltro non piaceva minimamente ai primi challenger. Già i neozelandesi appaiono al momento quasi imbattibili, figurarsi concedere loro regatare davanti alle acque di casa. Da qui il colpo di scena. 

armatore

—  

La candidata numero uno, stando agli ultimi rumors internazionali, sembra essere Atene. Dietro alla proposta fatta ai neozelandesi c’è un ricchissimo armatore greco che si diverte a collezionare barche e navi da diporto stupende e a costruirne di nuove, a partire da un 56 metri progettato da Juan K. Soprattutto ci naviga, e le timona come ha fatto nel corso della Aegean 600, una prestigiosa regata che parte e torna ad Atene dopo aver traversato l’intero Egeo e che ha vinto con il VOR 70 Aiolos. L’armatore è George Prokopiou, ingegnere fondatore di tre compagnie con un totale di un centinaio di navi commerciali (più un’altra ottantina in costruzione): 76 anni, forte di un patrimonio stimato di 3,7 miliardi di euro, ha relazioni dirette con il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis e grazie alla moglie imprenditrice Mareva Grabowski ha eccellenti legami con aziende che potrebbero sostenere l’evento.

ricchezza

—  

Prokopiou possiede attorno ad Atene un certo numero di marine, in particolare Olympic Marina e sta pensando al porto di Lavrio. Non bastasse, si è acquistata tutte le quote di Astir Palace Vouliagmeni, un complesso sul mare dedicato al lusso. Insomma, ha tutte per essere l’uomo perfetto per avere relazioni dirette e veloci per organizzare un evento di alto livello come l’America’s Cup.

alternative

—  

Ci sono alternative ad Atene? Dubai e Rio de Janeiro – peraltro non amate dai challenger – sono svanite rapidamente. L’unica candidatura che ultimamente aveva preso quota, sempre secondo i rumors, era Napoli: ideale come campo di regata, con tradizione velica ben superiore a quella di Atene e comunque in un Paese che dall’83 partecipa all’America’s Cup. I problemi sono due: le richieste esose dei neozelandesi senza una forte spinta privata difficilmente sarebbero accontentabili in Italia e Louis Vuitton, che dovrebbe essere confermato main partner dell’evento, non è troppo favorevole a portare la Vecchia Brocca a casa di Prada, particolare quest’ultimo non trascurabile. Atene, peraltro, non è male: ha un fascino notevole, infrastrutture nautiche eccellenti (superiori a quelle di Napoli, al momento), condizioni meteo favorevoli e si trova in Europa. La scelta di Atene, infine, potrebbe essere il ‘grimaldello’ per costringere i neozelandesi a rivedere il vincolo rigidissimo sulla nazionalità dell’equipaggio, che per loro è un ulteriore vantaggio. Non essendo ipotizzabile una sfida greca senza qualche straniero a bordo e sotto le pressioni di Ernesto Bertarelli (che punta a rendere Alinghi meno ‘svizzero’ e più internazionale), ecco che Team New Zealand non potrebbe continuare la sua politica sportiva e tecnica. E Luna Rossa? Come da sua tradizione, non si pronuncia e resta alla finestra. In compenso, mr. Ineos – ossia sir James Ratcliffe, patron di una delle sfide inglesi – quando ha saputo che l’ex-dipendente sir Ben Ainslie sta creando il protocollo insieme al defender per la prossima edizione, ha sentenziato sarcastico “Il Challenger of Record non ha mai vinto, meglio così che gareggiare per il Royal Yacht Squadron”. 

Leggi l’intero articolo