Dopo anni di discussioni assurde e superficiali - "meglio giochisti o risultatisti?" - un po’ tutti si sono convinti che nel calcio come nella vita conta soprattutto una qualità: l’equilibrio. E l’equilibrio, nelle squadre di Sir Claudio, è un totem assoluto
Alessandro Vocalelli
22 novembre - 17:23 - MILANO
Sull’album delle figurine naturalmente c’era scritto: Claudio Ranieri, difensore. Perché questo è stato il suo ruolo da calciatore: sempre attento, concentrato, poche parole e tanti fatti. Se esistesse un album degli allenatori invece ci sarebbe sicuramente scritto: Claudio Ranieri, regista. Già, perché esistono i sergenti di ferro, gli psicologi, i difensivisti, gli offensivisti, gli integralisti e i caratteriali. Claudio Ranieri è invece un regista a tempo pieno, capace di dare ad ognuno la propria parte, di assecondare e interpretare gli umori della compagnia, oltre naturalmente a saper organizzare al meglio le squadre. Perché l’errore che non si deve commettere è di considerarlo solennemente o semplicemente una bandiera, un saggio, un riferimento, un aggiustatore di situazioni complicate. Ranieri è infatti un tecnico moderno, forse il più moderno a dispetto dell’anagrafe, perché dopo anni di discussioni assurde e superficiali - meglio giochisti o risultatisti? - un po’ tutti (resistono solo quelli innamorati delle proprie idee) si sono convinti che nel calcio come nella vita conta soprattutto una qualità: l’equilibrio. E l’equilibrio delle squadre di Ranieri è un totem assoluto, a cui - senza saperlo - in molti si sono ispirati. Prendete Inzaghi, Conte e tanti altri: li definireste giochisti o risutatisti? Niente di tutto questo, ma piuttosto maestri di equilibrio.