Allenatore e mercato: tutti gli errori dell'Inter. Napoli e Juventus: doppio show

1 ora fa 1

Conte ce lo aspettavamo lassù, Tudor no: i bianconeri sono la sorpresa, mentre Chivu vuole cambiare i nerazzurri senza cambiare giocatori. E per questo precipita

Stefano Agresti

Giornalista

14 settembre - 00:24 - MILANO

Lassù ci sono la Juve e il Napoli e fa un certo effetto dire che la sorpresa non è la squadra di Conte — tutti ce la aspettavamo protagonista dopo il grande mercato estivo, a Firenze ha dato spettacolo per lunghi tratti — bensì quella bianconera, la più vincente d’Italia, il club dei trentasei scudetti, che dovresti sempre considerare tra le favorite perché così dice la storia. Stavolta la Juve partiva un po’ dietro, accompagnata da più di una perplessità, tra acquisti mancati e cessioni saltate, e invece dopo tre partite vola a punteggio pieno; assai significativo il successo sull’Inter, perché è stato conquistato con una straordinaria voglia di vincere e con i colpi dei talentini Yildiz e Adzic.

il percorso della juve

—  

Non sappiamo dove potrà arrivare questa Juve ma sappiamo che sì, è sempre un errore escluderla dalle pretendenti allo scudetto, anche se oggi nessuno pare poter raggiungere le vette di gioco del Napoli, arricchito dalla classe di Hojlund. Ma Tudor non ha solo lanciato la sua squadra: ha anche aperto la crisi dell’Inter. La sconfitta contro la Juve fa seguito a quella — in casa — contro l’Udinese. Sei punti di distacco dai bianconeri e dal Napoli dopo appena tre giornate. Un lungo cammino disastroso che è cominciato addirittura in primavera e che ha portato l’Inter a perdere tutto: Coppa Italia (per mano del Milan), scudetto (Napoli), Champions (Psg), Coppa del mondo per club (Fluminense). Una serie di disfatte che si allunga in modo inquietante da una stagione all’altra, come se l’estate non fosse esistita. Una maledizione? Macché, non crediamo a certe cose. Non ci sono incantesimi o misteri dietro questo tracollo, ma soltanto tanti, troppi errori. Tra la scelta dell’allenatore e le scelte di mercato.

la formazione

—  

Se guardiamo la formazione che ha perso contro la Juve incassando altri quattro gol — e fanno sei in tre gare — forse già possiamo avere una prima risposta sul motivo per cui nella nuova Inter niente sembra essere cambiato rispetto alla vecchia: i giocatori sono gli stessi che sono stati protagonisti dei fallimenti vissuti sul finire della scorsa stagione. Allo Stadium l’unico uomo diverso tra i titolari era Akanji, appena arrivato e buttato subito in campo dopo i disastri combinati da Bisseck contro l’Udinese (un’appendice agli sbagli del tedesco nella scorsa stagione: possibile che siano stati rifiutati i 32 milioni del Crystal Palace?). E anche quando si è trattato di intervenire a gara in corso, Chivu ha preso decisioni che hanno in qualche modo rinnegato il dispendiosissimo mercato estivo: in mezzo al campo come prima mossa ha preferito Zielinski a Diouf e Sucic, entrato solo all’82’; sulle fasce si è fatto ricorso addirittura al vecchio Darmian anziché a Luis Henrique, pagato la bellezza di 25 milioni. Ha stupito anche la scelta di sostituire Lautaro (era in giornata no, ma ha senso togliere uno come lui quando sei sotto 2-1?) e di rimpiazzarlo con Bonny e non con Esposito.

capitolo chivu

—  

La sensazione è che in estate l’Inter avesse bisogno di cambiamenti sostanziali tra i titolari e non tra i rincalzi: serviva discontinuità con il recente passato anche per portare freschezza, entusiasmo, energia là dove c’erano e ci sono delusione e tensioni. E occorreva rafforzare in modo differente la difesa, aprendo una riflessione profonda pure su Sommer. E si arriva a Chivu, che oggi appare l’icona della crisi dell’Inter. Portato sulla panchina nerazzurra nonostante l’inesperienza — aveva appena tredici partite in A, prima aveva allenato solo i ragazzi - ha provato a cambiare la squadra di Inzaghi con gli stessi calciatori usati dal suo predecessore. Finora non ce l’ha fatta. Anzi, se possibile il rendimento è peggiorato. E il tentativo di riuscire nell’intento appare arduo: come possono gli stessi calciatori che hanno giocato per anni in un modo — proprio gli stessi — cominciare d’improvviso a fare qualcosa di diverso, e a farlo bene e con successo? Cristian ha provato a ribaltare il gattopardiano "cambiare tutto affinché niente cambi": lui non vuole cambiare niente, nemmeno qualche calciatore, affinché tutto cambi, e cioè il gioco, i risultati, la tenuta difensiva, l’atmosfera. Ci si può davvero riuscire? E ha chance di farcela un allenatore che non ha un passato importante in panchina? Di sicuro serve un’inversione di tendenza. Subito.

Leggi l’intero articolo