Agostini: "Marquez può battere il mio record. Dicevano che vincevo grazie alla moto, poi..."

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Nel 1975 a Brno Giacomo Agostini vince con la Yamaha il suo 15esimo e ultimo titolo di campione del mondo. "Dimostrai che l'uomo vale più della moto"

Mario Salvini

Giornalista

20 luglio 2025 (modifica alle 12:15) - MILANO

A Brno come oggi, ma cinquant’anni fa, nel 1975: Giacomo Agostini campione del Mondo. Non potevi stupirtene: era la quindicesima volta. Eppure è stato un evento. Perché fino ad allora tutte le altre volte che aveva trionfato in prima classe, la 500, di fianco al suo nome c’era MV Agusta. Quel giorno no. A Brno 1975 Agostini è diventato campione del Mondo su una Yamaha. Era da quasi un decennio che i giapponesi ci provavano. Non ci riuscivano perché quel pilota italiano li batteva su una moto italiana. E dunque nell’allora Cecoslovacchia quello è stato il giorno in cui Ago ha detto chiaro e forte che era lui, soprattutto lui, a vincere. Non la moto. "Quel GP era un’avventura fin dalle lunghissime attese in dogana - racconta oggi Agostini - e poi con tutta quella gente che ti attendeva in hotel. Molti arrivavano anche dalla Germania dell’Est: 200, 250 mila persone. Ai tempi in quei paesi di oltre cortina non c’erano tanti eventi. La pista era un’altra, stradale. Mi sarebbe bastato arrivare terzo, fui secondo, stando più che altro attento a non fare errori. Dietro a Phil Read. Un’emozione fantastica". 

Una delle più importanti in carriera... 

"Sì, perché c’era chi diceva che negli anni precedenti vincevo perché avevo la moto migliore. E non era vero: c’erano anche la Honda, la Benelli, la stessa Yamaha. Quindi c’è stato un certo orgoglio. Ci tenevo tanto perché quella era la seconda stagione in Yamaha, l’anno prima avevo vinto subito in 350 ma avevo avuto tanti problemi in 500. Vincere nella classe più importante è stato bellissimo". 

Ha festeggiato in modo diverso? 

"Mah... Sai, lì si festeggiava sempre alla grande: era un mondo di belle donne, di feste. Non potevi non festeggiare bene, diciamo". 

E nel 1974 su Yamaha aveva già vinto la 200 Miglia di Daytona... 

"Appena arrivato ho letto una dichiarazione di Kenny Roberts: “Il mondo non è l’Europa, Se io sono campione qua, significa che il campione del Mondo sono io…”. Non avevo mai fatto gare del genere, con quel caldo. A un certo punto ho pensato al ritiro, non avevo bevuto abbastanza ed ero disidratato. Ho tenuto duro pensando a tutta la gente, davvero tantissima, arrivata dall’Europa. Sentivo la responsabilità. E sono arrivato in fondo, vincitore. Pensa cosa può fare la testa. Poi sono crollato. Hanno dovuto farmi una flebo. Al momento della premiazione però quella dichiarazione ce l’avevo sul gozzo. Sono andato da Roberts e gli ho detto: “Kenny, forse adesso hai capito chi è il campione del Mondo”. E lui: “Ago, non sei umano...”. 

E con Phil Read com’era la rivalità? 

"Dura. Senza aspetti particolarmente brutti, però. Quando era arrivato come mio compagno in MV cercava di attaccarmi psicologicamente. Si lamentava molto, non era mai contento. È stato un grande pilota, molto aggressivo e abbastanza scorretto: se doveva entrare e darti una spallata non gliene fregava niente. Oggi sarebbe squalificato ad ogni gara". 

E lei è uno che si arrabbia facilmente? 

"Cerco di non darlo a vedere. Ma l’arrabbiatura mi dà la grinta e la cattiveria di fare cose che diversamente non riuscirei a fare". 

Oltre che dalla Yamaha aveva avuto offerte anche da altre giapponesi? 

"No. È vero che la Yamaha mi aveva già cercato un anno prima e io avevo ritenuto il suo motore a due tempi non ancora pronto. Poi sono stati gli stessi miei meccanici della MV a dirmi di andare: ormai dal quattro tempi non si cavava più nulla". 

Era rimasto a lungo in Giappone. Che contributo ha dato allo sviluppo? 

"Avevo voluto il cambio estraibile, avevo fatto accorciare un po’ il telaio, cambiare l’inclinazione della forcella". 

Oggi si tende a dire che le Case giapponesi siano meno reattive sulle novità. Era già così? 

"Sì, è il loro metodo: sono riflessivi. Preferiscono pensare alle cose un giorno in più". 

Marquez l’ha superata in quanto vittorie in top Class. 

"Quello è capace di battere anche il mio record di Mondiali." 

Sarà dura: che effetto le fa? 

"In effetti arrivare a 15… Marc è un grande e si merita tutto. A lui bisogna inchinarsi, non fischiarlo. Anche perché ha attraversato momenti difficili, dai quali non era scontato uscire. E perché pur di ricominciare a vincere ha rinunciato ai soldi della Honda, per andare in un team privato, oltretutto". 

Che moto vorrebbe per correre oggi? 

"Se vuoi vincere devi avere la Ducati. Anche se io sono uomo-Yamaha e so che la Yamaha sta facendo cose buone. E quando cambierà regolamento il pilota avrà più valore, sarà la sua bravura a vincere, non l’aiuto di tutti quei bottoni che schiacciano ora. Però, certo, se tornasse l’MV sarei con l’MV..."

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