Il pressing furioso del Psg nella finale di Monaco contro un'Inter impaurita e rintanata. Se lo capiamo, la prossima volta andrà meglio
Prima di archiviare definitivamente la finale di Champions, salviamo tre lezioni. Il calcio d’inizio ovvero il coraggio. Il Psg lo ha spedito volontariamente a lato, in avanti. Una touche di rugby. Una minaccia: "Ora veniamo a prendervi tra le vostre tende". Lo hanno fatto pressando furiosi un’Inter rintanata e spaventata, come i tre porcellini. È stato Sacchi ad insegnare al mondo il pressing moderno. "Lo hanno imparato tutti, tranne gli italiani", ha dovuto poi riconoscere Arrigo. Siamo figli del Piave, la mistica della trincea è ancora sacra. Anche l’ultimo scudetto è stato vinto in difesa. Il Milan che fu di Sacchi è passato ad Allegri che chiede ai difensori di scappare indietro. Dembélé ovvero il sacrificio. Quando Sommer impostava, l’attaccante lo osservava dal limite, leggermente piegato sulle ginocchia, con il busto in avanti, come un lottatore nell’ottagono, pronto a saltare addosso all’avversario.
quella fame
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Mbappé, per nobiltà di talento, rifiutava di sporcarsi col pressing. Pacho ovvero la fame. Barella difende una palla che sta terminando in corner. Sembra impossibile che il difensore possa raggiungerla, invece Pacho, con una mossa da taekwondo, l’arpiona, oltre il corpo dell’interista, oltre la speranza, e la palla diventa 2-0. Non c’era un solo interista con quella fame. Tutti appena alzati da tavola. Vitinha ovvero la qualità tecnica. Due carezze, due assist. Per noi la mediana è un reparto di demolitori, per Luis Enrique un cenacolo di poeti e ci ha messo tre 10. Coraggio, idea tattica e fatica condivise, fame e poesia. Se lo capiamo, la prossima volta andrà meglio.